Il prof. Cilia risponde ancora su Mucuna pruriens
(presente anche su Corriere.it)
Su internet si possono trovare molte informazioni sull’utilizzo della Mucuna pruriens nella malattia di Parkinson. La curiosità è molta, sia da parte dei pazienti, che di familiari o ricercatori.
Molti pensano che sia migliore in quanto un prodotto ‘naturale’ in apparente contrapposizione con i farmaci a base di levodopa attualmente in commercio. È pertanto molto importante fare chiarezza sul tema ‘Mucuna pruriens e malattia di Parkinson’ per evitare che si creino falsi miti e pericolose condotte di automedicazione.
Partiamo subito chiarendo la domanda più frequente: se assumo la levodopa comprando le capsule a base di Mucuna, assumo un prodotto naturale che non ha subìto processi chimici? NO.
Per essere precisi, la Mucuna pruriens è una fonte naturale di levodopa? Sì.
La levodopa che viene ingerita acquistando la Mucuna pruriens che si trova in commercio non subisce un processo chimico? No.
La Mucuna pruriens è un legume che cresce spontaneamente nelle zone tropicali e subtropicali che contiene una percentuale di levodopa che si aggira in media intorno al 5-6% del peso netto del ‘fagiolo’.
Tuttavia, i vari prodotti a base di Mucuna presenti sul mercato contengono sempre una percentuale di levodopa superiore al 6%, con un range molto variabile dal 15% fino addirittura a oltre il 90%. Questo vuol dire che la levodopa è stata estratta dalla Mucuna attraverso un processo farmacologico (l’estrazione si esegue chimicamente in ambiente acido) e venduta al pubblico come se fosse ‘naturale’.
La Mucuna è un prodotto valido contro il Parkinson? Sì, perché contiene levodopa che è il principio attivo più efficace per controllare in maniera ottimale tutti i sintomi motori della malattia di Parkinson.
Tuttavia, la Mucuna pruriens non possiede particolari vantaggi rispetto ai farmaci in commercio a base di levodopa. Anzi, è importante sottolineare che è necessario assumere una quantità molto elevata di Mucuna per raggiungere dei livelli terapeutici di levodopa. Mi spiego meglio: la Mucuna contiene solo levodopa, mentre i farmaci in commercio contengono anche una seconda molecola (chiamata carbidopa o benserazide) che possiede una azione di blocco (inibizione) di un enzima chiamato ‘dopa decarbossilasi’, che trasforma la levodopa in dopamina a livello intestinale. Tali molecole consentono di far arrivare tutta la levodopa al cervello e ridurre gli effetti indesiderati causati dalla dopamina a livello intestinale, come ad esempio la nausea ed il vomito. In pratica, assumendo 1 compressa di levodopa+carbidopa o benserazide con dosaggio di 100+25 mg arrivano al cervello circa 100mg di levodopa, mentre si deve assumere 500 mg di levodopa sotto forma di Mucuna per avere lo stesso effetto. Di questi 500 mg, 400 vengono distrutti in periferia e 100 arrivano al cervello, pari a circa 8-10 grammi di polvere di Mucuna che nei pazienti con Parkinson più lieve viene assunto 2-3 volte al giorno, fino ad arrivare a 15-16 grammi per 4-5 volte nelle forme più avanzate. Dato che le formulazioni di Mucuna in commercio contengono una percentuale variabile di levodopa, la dose di Mucuna da assumere risulterebbe molto elevata e potenzialmente poco tollerabile.
Ci sono controindicazioni? Sì.
La concomitante assunzione di Mucuna in aggiunta ad altre formulazioni di levodopa è potenzialmente pericolosa. Infatti, la presenza di carbidopa o benserazide nei farmaci in commercio aumenta la biodisponibilità nel sistema nervoso centrale della levodopa proveniente dalla Mucuna (per i motivi descritti prima), aumentando notevolmente il rischio di effetti collaterali, quali comparsa di discinesie, confusione, allucinazioni visive, etc. Per questo motivo, raccomandiamo di non assumere Mucuna a tutti i pazienti con Parkinson nei paesi dove i farmaci hanno percentuali note di principi attivi.
Inoltre, i ricercatori della “Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson” stanno ancora studiando gli effetti del trattamento con Mucuna nel lungo termine. Per quanto l’impiego della Mucuna nel Parkinson sia noto sin dalla medicina ayurvedica, non è ancora completamente nota la sua sicurezza e tollerabilità a lungo termine. Gli studi che si stanno conducendo da anni in Sud America e Africa, tutti approvati dai comitati etici locali e registrati sui portali di riferimento nazionale, hanno l’obiettivo di verificare la sostenibilità di questa fonte alternativa di levodopa nei pazienti che non si possono permettere terapie mediche standard e hanno una malattia non trattata o trattata in maniera subottimale. Infatti, vi sono ancora migliaia di individui nei paesi in via di sviluppo che hanno una sopravvivenza limitata e qualità della vita inferiore rispetto alle altre popolazioni con malattia di Parkinson nel resto del mondo. Benché i risultati degli studi condotti finora abbiano dato risultati incoraggianti, sono necessarie ulteriori ricerche su popolazioni ancora più ampie rispetto allo studio multicentrico che abbiamo appena concluso in Ghana su soggetti con malattia di Parkinson mai trattata, per avere dati più forti e individuare potenziali effetti collaterali più rari.
In conclusione, l’uso di Mucuna pruriens potrà essere consigliato su larga scala solo dopo averne testato la sicurezza a lungo termine. Questa fonte alternativa di levodopa non è superiore ai farmaci in commercio e dispensati dal servizio sanitario nazionale.
Cordiali saluti
Unità di Neurologia 1, Malattia di Parkinson e Disturbi del Movimento. Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta.