Possibilità di rallentare la progressione nel primo anno e mezzo di malattia
Conferenza stampa sullo studio ADAGIO a Milano in data 15 ottobre 2008
Si è tenuta a Milano in data 15 ottobre 2008 una conferenza stampa sulle implicazioni dei risultati dello studio ADAGIO con il farmaco rasagilina.
Il Prof. Stocchi, Direttore del Centro per la cura e la ricerca sul Morbo di Parkinson IRCCS San Raffaele di Roma ha descritto lo studio, che aveva un disegno particolare in cui i pazienti venivano assegnati a terapia immediata con rasagilina o rimandata di 9 mesi (assunzione di placebo, una sostanza inerte per i primi 9 mesi) allo scopo di distinguere l'effetto sul controllo dei sintomi da eventuali effetti sulla progressione della malattia. Sono stati reclutati complettisvamente 1176 pazienti con malattia di Parkinson in 129 centri di cura per il Parkinson ubicati in 14 paesi europei. La misurazione degli effetti avveniva prendendo in considerazione 3 parametri diversi, in accordo con i consigli delle autorità regolatorie americane (FDA) ovvero
- la velocità di peggioramento della malattia secondo l'andamento del punteggio totale sulla scala UPDRS dalla settimana 12 alla 36, e dalla settimana 48 alla 72 e
- la differenza tra i punteggi UPDRS alla fine dello studio tra i due gruppi ovvero quello a terapia immediata ed a terapia differita.
In base alla misurazione di tutti e tre i parametri è stato verificatoche rasagilina ha rallentato la progressione della malattia.
Lo studio è costato complessivamente 20 milioni di dollari USA.
La Dr Cecchini della società di Eurisko ha presentato una indagine sul punto di vista dei pazienti. Nel campione di 83 pazienti intervistati, l'età media di insorgenza della malattia era 63 anni e la durata media era di 10 anni; nel sottogruppo dei giovani (33% con meno di 65 anni) era di 49 anni.Prima di ammalarsi la maggior parte dei pazienti non conosceva i sintomi della malattia di Parkinson, se non il tremore. Solo il 13% ha sospettato di avere la malattia di Parkinson all'esordio e la metà si sarebbe rivolta prima ad un medico se avesse saputo di più. Mediamente il ritardo della diagnosi ammontava a 6 mesi (9 mesi nel sottogruppo dei pazienti giovani); c'è un 15-20% di pazienti che arriva al medico solo dopo 1-2 anni.
La malattia ha avuto un notevole impatto sulla vita dei pazienti. Il 25% è stato costretto a lasciare il lavoro a causa della malattia (58% nel sottogruppo dei giovani) e l'86% dei pazienti ha riferito che la malattia interferiva "molto o abbastanza" sulla qualità di vita.
Il 59% dei pazienti soffre di dolore continuo - 20% in più rispetto alla popolazione generale di riferimento di pari età.
Inoltre, il 46% ha sempre o spesso difficoltà a girare nei luoghi pubblici, il 47% ha sempre o spesso difficoltà a vestirsi da solo, il 43% si sente sempre o spesso depresso. Inoltre, il 30% è sempre o spesso imbarazzato a causa della malattia.
Hanno preso la parola per commentare le implicazioni dei risultati dello studio ADAGIO e della indagine EURISKO il Prof G Abbruzzese, Professore di Neurologia presso l'Università di Genova, il Dr P Barone, Direttore del Centro Parkinson presso l'Università di Napoli ed il Prof G Pezzoli, Direttore del Centro Parkinson ICP a Milano, nonché Presidente della Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) e della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson.È emerso che
- vi è la percezione che la malattia di Parkinson venga diagnosticata di più nel giovane rispetto al passato, presumibilmente perché ora è disponibile una tecnica per immagini che permette una diagnosi certa anche nelle prime fasi della malattia, e perché oggi si vive molto più a lungo e ci si considera giovani più a lungo (si veda il sottogruppo di cui si è parlato in precedenza, giovane = meno di 65 anni, una volta un 60enne non veniva considerato giovane).
- Bisogna cercare di modificare l'immagine del paziente parkinsoniano presso il pubblico, che ha in mente un vecchietto tremante; in realtà solo la metà dei pazienti presenta tremore ed il tremore può essere sintomo di altre malattie
- Bisogna sensibilizzare di più le autorità sanitarie ed il medico di base per giungere ad una diagnosi precoce, che permette di intervenire rapidamente prevenendo il deterioramento della qualità di vita del paziente e, in futuro, anche di rallentare la progressione della malattia.
Rasagilina è già in commercio per il trattamento della malattia di Parkinson sia in monoterapia (senza levodopa) sia come terapia in associazione (con levodopa) nei pazienti con fluttuazioni di fine dose, al dosaggio di 1 mg una volta al giorno. In Italia è in fascia A a carico del SSN, purchè venga inserito nel piano terapeutico del paziente da parte del neurologo.