I disturbi della sessualità nella malattia di Parkinson
La sessualità è un aspetto rilevante per il benessere dell’individuo, si modifica nelle diverse epoche della vita, ma non “scompare” nell’età avanzata.
In un recente studio condotto negli Stati Uniti, il 53% delle persone tra i 65 e i 74 anni e il 26% delle persone tra i 75 e gli 85 anni ha dichiarato di avere una vita sessuale attiva. Tuttavia, il naturale processo di invecchiamento porta a una riduzione del vigore fisico e della funzionalità dell’apparato genitale sia nell’uomo (riduzione delle erezioni), che nella donna (secchezza vaginale), che rendono meno piacevole il rapporto sessuale e in alcuni casi impediscono di consumare un rapporto completo. L’insorgenza di una patologia cronica, come la malattia di Parkinson, che è molto comune nella fascia di età superiore ai 65 anni, peggiora ulteriormente diversi aspetti della sfera sessuale nelle persone anziane, ma anche nei pazienti giovani. Un altro studio recente ha rilevato che l’insoddisfazione per la vita sessuale è più frequente nelle persone con malattia di Parkinson (70%) rispetto a un gruppo di persone sane (52%). Le disfunzioni dell’apparato urogenitale normalmente associate all’invecchiamento sono più frequenti nella malattia di Parkinson e possono manifestarsi anche precocemente. Inoltre alcuni sintomi della malattia, come il tremore, la lentezza, i disturbi urinari, il dolore e la fatica, possono essere un impedimento per lo svolgimento dell’attività sessuale. Oltre alla riduzione delle prestazioni fisiche, molte persone con Parkinson riferiscono un calo del desiderio sessuale. Infatti i circuiti cerebrali del desiderio e del piacere sono attivati dalla dopamina: la carenza di dopamina può determinare “apatia”, ovvero ridotto interesse per diverse attività, inclusa la sfera sessuale.
I farmaci che stimolano i circuiti della dopamina, come la levodopa e i dopaminoagonisti, possono avere una funzione positiva sulla vita sessuale, migliorando la capacità di movimento e il vigore fisico, ma anche contrastando il calo del desiderio.
In alcuni casi questi stessi farmaci, possono produrre un aumento eccessivo del desiderio sessuale, che porta ad una maggiore insistenza nei confronti del partner (non sempre ben accetta) e raramente sfocia in condotte socialmente inappropriate, fonte di imbarazzo e sofferenza per il malato e per la sua famiglia. Le problematiche inerenti alla sfera sessuale possono essere una fonte di stress e disagio psico-fisico per le persone con Parkinson. Ciononostante queste tematiche vengono affrontate raramente nel corso delle visite specialistiche, a causa di una reticenza ad affrontare l’argomento non solo da parte dei malati ma anche da parte dei medici.
Invece è necessario analizzare attentamente il problema attraverso un colloquio clinico accurato, ed eventualmente valutazioni psicologiche, ginecologiche o urologiche per poter implementare opportune misure terapeutiche.
La gestione della terapia farmacologica è di fondamentale importanza. Per migliorare la funzione sessuale può essere utile:
1)ottimizzare la terapia antiparkinsoniana, per contrastare i disturbi motori e non motori che influiscono sulle prestazioni fisiche e sul desiderio;
2) quando è possibile, rimodulare altre terapie, come alcuni antidepressivi o antipertensivi, che possono influire negativamente sulle prestazioni sessuali;
3) prescrivere farmaci che migliorano la funzione erettile, dopo attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio.
Nei casi in cui vi sia ipersessualità e comportamenti sessuali inappropriati, è necessario semplificare e ridurre la terapia antiparkinsoniana (in particolare i dopaminoagonisti) , e, solo nei casi più gravi, utilizzare farmaci sedativi (evitando quelli che peggiorano i disturbi motori). Infine, ci sono alcune misure non farmacologiche che aiutano ad adattarsi ai cambiamenti determinati dalla malattia e dall’età: gli esperti Sessuologi consigliano di modificare i propri comportamenti sessuali, dando maggior valore ai piccoli gesti di intimità fisica (baci, carezze) e di condivisione di esperienze (per esempio attività fisiche e sociali), che possono migliorare la qualità della vita di relazione.
Manuela Pilleri, Neurologo, Casa di Cura Villa Margherita, Arcugnano, Vicenza