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Meta Platforms, Inc.

Utilizzato da Facebook per recuperare l'identificativo dell'applicazione utilizzata

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Utilizzato per inviare dati a Google Analytics in merito al dispositivo e al comportamento dell'utente. Tiene traccia dell'utente su dispositivi e canali di marketing.

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Utilizzato nel contesto della sincronizzazione dei dati con il servizio di analisi di terze parti.

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Google

Registra un ID univoco utilizzato per generare dati statistici su come il visitatore utilizza il sito internet.

2 anni

HTTP

_gat

Google

Utilizzato da Google Analytics per limitare la frequenza delle richieste

1 giorno

HTTP

_gid

Google

Registra un ID univoco utilizzato per generare dati statistici su come il visitatore utilizza il sito internet.

1 giorno

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_ga_#

Google

Utilizzato da Google Analytics per raccogliere dati sul numero di volte che un utente ha visitato il sito internet, oltre che le dati per la prima visita e la visita più recente.

2 anni

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Google

Viene utilizzato da Google Analytics per tenere traccia delle informazioni sul traffico al sito Web

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HTTP

ANID, SIDCC, _Secure-APISID, _Secure-HSID, _Secure-SSID, SEARCH_SAMESITE, __Secure-3PAPISID, __Secure-3PSID

Google

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Utilizzato da Microsoft Clarity per combinare le pagine viste da un utente in una singola sessione

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Utilizzato per tracciare i visitatori su più siti web, al fine di presentare annunci pubblicitari pertinenti in base alle preferenze del visitatore.

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__exponea_last_session_start_timestamp__ 

Google

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Meta Platforms, Inc.

Utilizzato da Facebook per fornire una serie di prodotti pubblicitari come offerte in tempo reale da inserzionisti terzi.

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Microsoft

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Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato

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Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato

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Pramipexolo: non solo anti-Parkinson, ma anche antidepressivo?

Prof. Barone

Intervista a Prof. Paolo Barone, Direttore del Centro Parkinson presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Napoli Federico II



JSH: È stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Neurology uno studio sul pramipexolo nei pazienti parkinsoniani affetti da depressione, di cui Lei è il primo autore. Immagino che la diagnosi di una malattia cronica e progressiva senza alcuna prospettiva di guarigione possa deprimere i pazienti, ma il problema è veramente importante? Non ci sono tanti buoni antidepressivi a disposizione se c'è davvero bisogno di una terapia?

Barone: Il problema è rilevante. A seconda delle casistiche, dal 10 al 17% dei pazienti sviluppa episodi di depressione maggiore e fino al 40% dei pazienti presenta sintomi depressivi importanti che compromettono gravemente la loro qualità di vita e per questo vanno trattati. I principali farmaci di cui disponiamo sono gli SSRI (farmaci che bloccano la ricaptazione del neurotrasmettitore serotonina, aumentandone i livelli) ed i farmaci triciclici. Pochi studi sono stati effettuati sulla loro efficacia e sicurezza nei pazienti parkinsoniani. Tra i pochi studi disponibili, uno suggerisce che gli SSRI siano meno efficaci dei farmaci triciclici, presumibilmente perché la depressione nel paziente parkinsoniano è dovuto più alla carenza di dopamina che alla carenza di serotonina. Questo ci indurrebbe a preferire i triciclici, ma, ahimè, essi hanno pesanti effetti collaterali soprattutto nel Parkinson. Pertanto, una terapia antidepressiva ideale per il malato di Parkinson non c'è.


JSH: Come è nata l'idea di effettuare uno studio per vedere se il pramipexolo, noto come dopamino agonista che controlla i sintomi motori della malattia di Parkinson, migliora anche la depressione?

Barone: Ho avuto io l'idea, perché vi sono studi in modelli animali che suggeriscono che abbia proprietà antidepressive. Inoltre, pramipexolo è un dopamino agonista con un profilo peculiare caratterizzato da una maggiore affinità per i recettori dopaminergici di tipo 3 che per quelli di tipo 2 o 4. Ci sono già psichiatri che sfruttano questo profilo utilizzando il farmaco in forme di depressione maggiore che non rispondono ad altre terapie. Inizialmente il pramipexolo era stato sintetizzato con lo scopo di mettere a punto un antidepressivo. Poi, in modelli animali, i ricercatori hanno visto che avrebbe potuto funzionare nella malattia di Parkinson e l'azienda che ne deteneva il brevetto ha preferito svilupparlo per questa malattia.

JSH: In quale tipo di pazienti è stato condotto lo studio?

Barone: Lo studio è stato condotto in pazienti parkinsoniani in cui la funzione motoria era già stata ottimizzata tramite opportune modifiche della terapia dopaminergica, che non avevano fluttuazioni motorie e che presentavano depressione clinicamente importante documentata dai punteggi sulla Scala per la valutazione della depressione in Geriatria (GDS) e della parte dedicata alla depressione della scala UPDRS per la valutazione del Parkinson.

JSH: Quindi lo studio è stato effettuato su un gruppo selezionato di pazienti. I risultati valgono per tutti i pazienti parkinsoniani o solo per quelli che hanno le caratteristiche che Lei ha descritto?

Barone: Il neurologo dovrebbe sempre ottimizzare la terapia dopaminergica con lo scopo di migliorare la funzione motoria il più possibile prima di decidere di iniziare una terapia antidepressiva. È possibile che la depressione sia una reazione alle scarse capacità motorie, nel quale caso si risolve quando il paziente riprende a muoversi in maniera soddisfacente. Bisogna trattare la depressione solo se il paziente rimane depresso in maniera importante nonostante una terapia dopaminergica ottimale ovvero essere nelle condizioni dei pazienti inseriti nello studio.

JSH: Guardando i risultati vedo che il miglioramento sulla scala BDI per la misurazione della gravità della depressione è stata di -5.9 con pramipexolo e di -4.0 con il placebo (una sostanza inerte). Mi sembra che la differenza sia modesta. Ha importanza clinica o no?

Barone: Come Lei sa, ci sono molte malattie che rispondono in maniera notevole al placebo ovvero ad una sostanza inerte, quando i pazienti, come in questo studio, sono in cieco ovvero non sanno se stanno prendendo un farmaco attivo oppure no. La mente è potente ed il convincimento di ricevere una buona terapia già porta sulla via del miglioramento, persino quando si tratta di parametri apparentemente obiettivi come la pressione arteriosa. Esistono numerosi studi in letteratura che dimostrano che sia la depressione che la malattia di Parkinson rispondono molto bene al placebo. Ecco perché si è avuto un miglioramento in tutti e e due i gruppi di trattamento (pramipexolo e placebo). In ogni modo il miglioramento del punteggio della scala della depressione corrispondeva al miglioramento della scala della qualità di vita, suggerendo un effetto farmacologico che ha anche una rilevanza clinica.

JSH: Nonostante il fatto che i pazienti fossero selezionati tra coloro che avevano una funzione motoria stabile, l'aggiunta del pramipexolo ha determinato un aumento medio significativo dei punteggi relativi alla capacità di svolgere le attività quotidiane e alla funzione motoria sulla scala UPDRS per la valutazione del Parkinson. Non è verosimile che il miglioramento della depressione fosse una reazione al miglioramento della funzione motoria?

Barone: Ci abbiamo pensato, anche se, a dire il vero, il miglioramento medio della funzione motoria sulla scala UPDRS era pari a 2 e quindi molto modesta. Gli statistici hanno effettuato una complicata analisi statistica per vedere se c'era una correlazione tra il miglioramento della funzione motoria ed il miglioramento della depressione ed hanno stabilito che il nesso NON c'era, suggerendo che il pramipexolo esercita un effetto antidepressivo a prescindere dal miglioramento dei sintomi motori.

JSH: Allora possiamo concludere che pramipexolo funziona veramente come antidepressivo. Professore, intende continuare questo filone di ricerca?

Barone: Assieme ai miei collaboratori, svolgo ricerche nel campo di disturbi non motori della malattia di Parkinson da molto tempo e continuo per questa strada. Per esempio, adesso abbiamo in corso lo studio ACCORDO, che ha come scopo valutare gli effetti della rasagilina sulla depressione e sui disturbi cognitivi nel Parkinson. I risultati dovrebbero essere disponibili all'inizio dell'anno 2012. Quest'anno abbiamo avuto il riconoscimento ufficiale di centro abilitato a condurre ricerche sponsorizzate dalla Fondazione Fox e saremo coinvolti in studi con lo scopo di trovare terapie che rallentino la progressione della malattia di Parkinson. Finora solo 18 centri in tutto il mondo hanno questo riconoscimento e attualmente siamo l'unico centro italiano.

JSH: Per concludere, quali sono le conseguenze dello studio con il pramipexolo nei parkinsoniani depressi per la gestione della malattia di Parkinson? Che cosa consiglia ai clinici?

Barone: Come ha già detto prima, la cosa più importante è ottimizzare la terapia dopaminergica. Questo permetterà non solo di migliorare la funzione motoria, ma può anche risolvere la sintomatologia depressiva, sia per la riduzione della gravità di una causa di depressione ovvero la disabilità sia perché la correzione della mancanza di dopamina può influire direttamente sulla depressione nel malato di Parkinson. In molti casi il neurologo potrà introdurre un dopamino agonista come componente della terapia dopaminergica. Sceglierà tra quelli disponibili con un buon profilo di sicurezza il composto che più si adatta al singolo malato, tenendo presente che attualmente pramipexolo è l'unico dopamino agonista con proprietà antidepressive documentate. Solo quando la terapia dopaminergica è ottimale e permangono sintomi depressivi importanti che compromettono la qualità di vita del paziente, prenderà in considerazione una terapia farmacologica specifica per la depressione.

JSH: Grazie professore per il tempo che ci ha dedicato. Ci terremo in contatto per sentire come progrediscono gli altri studi ancora in corso e, per cortesia, mi avverta se c'è qualche sviluppo di interesse per i pazienti!

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Un lascito testamentario per un futuro senza Parkinson