Il sogno di una terapia che rallenti la progressione della malattia di Parkinson sta diventando realtà?
Intervista al Prof Fabrizio Stocchi
Direttore del Centro Parkinson presso IRCCS San Raffaele a Roma
Prof Stocchi, dopo anni di tentativi infruttuosi di trovare una sostanza che rallenti la malattia di Parkinson, finalmente è stato pubblicato uno studio che ha dato qualche risultato positivo non solo negli animali, ma nei pazienti: lo studio ADAGIO. Ho sentito che Lei ha partecipato attivamente allo studio assieme ad altri italiani. È vero?
Sì, è vero. Ero uno dei membri del Comitato Scientifico dello studio, un gruppo di clinici che ha progettato e realizzato lo studio indipendentemente dallo sponsor, la ditta produttrice del farmaco usato nello studio, la rasagilina, un inibitore selettivo delle MAO-B.
Mi risulta che lo studio sia unico nel suo genere per il tipo di disegno, che è stato fondamentale per mettere in evidenza la capacità del farmaco di rallentare la malattia. Come si è deciso di avviare uno studio del genere e in che cosa consiste la novità?
Vi erano dati nell'animale che mostravano che rasagilina possiede proprietà neuroprotettive e la ditta produttrice voleva condurre uno studio per verificare se queste proprietà si traducevano nella capacità di rallentare la malattia in clinica oppure no.
Sono stati condotti molti studi di questo tipo a partire dal primo, il famoso DATATOP sulla selegilina, un altro inibitore delle MAO-B, pubblicato 20 anni fa. Finora tutti gli studi erano stati negativi oppure avevano dato risultati dubbi, perchè non permettevano di capire se eventuali miglioramenti erano dovuti ad un effetto solo di controllo dei sintomi oppure se erano il risultato di un effetto sulla progressione della malattia. Questa volta abbiamo deciso di adottare un disegno mai usato finora per lo studio della malattia di Parkinson basato sul wash-in.
Wash-in? Mai sentito, che cosa è?
Consiste nel posticipare l’inizio del trattamento ovvero nel lavare (=to wash in inglese), nel tenere pulito, senza farmaco il malato all’entrata nello studio (Wash-in). Nello studio ADAGIO i pazienti, che erano nelle prime fasi della malattia e quindi senza trattamento, venivano assegnati a caso o a rasagilina 1 o 2 mg al giorno fin dall'inizio con continuazione per 18 mesi oppure alla posticipazione dell’inizio della terapia con rasagilina per 9 mesi e poi a 9 mesi di trattamento (sempre 1 o 2 mg).
Pertanto vi erano 4 gruppi:
- rasagilina 1 mg subito,
- rasagilina 2 mg subito,
- rasagilina 1 mg dopo 9 mesi e
- rasagilina 2 mg dopo 9 mesi.
I pazienti con la posticipazione prendevano pastiglie di zucchero identiche a rasagilina (placebo) in modo da non accorgersene; neanche il medico sperimentatore sapeva chi prendeva rasagilina e chi la pastiglia di zucchero (doppio cieco , sia il medico che il paziente non sanno chi prende che cosa), lo sapeva solo la ditta produttrice che confezionava il medicinale.
Nei primi 9 mesi era previsto il confronto con il placebo ed una eventuale differenza poteva essere dovuto all'effetto sui sintomi.
Nei secondi 9 mesi tutti i pazienti prendevano rasagilina e quindi tutti avevano l'effetto sui sintomi; una eventuale differenza a 18 mesi di terapia poteva solo essere dovuto ad un effetto sulla progressione della malattia nel gruppo che aveva ricevuto la terapia per più tempo. Veniva anche controllata la differenza tra i 9 e 18 mesi per verificare una eventuale differenza dovuta alla somma dei due effetti.
Perché la terapia fosse considerata efficace nel rallentare la progressione della malattia, il gruppo trattato subito con rasagilina doveva essere migliore di quello a trattamento posticipato in tutti e tre i confronti previsti: superiore dopo 9 mesi rispetto all'inizio, superiore a 18 mesi rispetto all'inizio e non inferiore a 18 mesi rispetto ai 9 mesi.
Superiore nel fare cosa?
Nell'impedire che peggiorasse il punteggio totale sulla scala internazionale per la valutazione della gravità della malattia di Parkinson (UPDRS).
Conosco bene la scala. In parte si basa su sintomi riferiti dal paziente e quindi soggettivi. Presumo che abbiate anche ottenuto qualche misurazione obiettiva di peggioramento, come le neuro immagini.
No, perché le autorità sanitarie affermano che segni sulle immagini non interessano, interessa come sta il malato e francamente penso che abbiano ragione.
E veniamo al punto più importante: alcuni dicono che lo studio dimostra che la rasagilina rallenta la progressione della malattia perché i risultati con 1 mg sono stati positivi, altri dicono che i risultati sono dubbi perché i risultati con 2 mg sono stati negativi. In realtà, come stanno le cose?
Come ho già detto prima, perché si potesse dichiarare che rasagilina era efficace nel rallentare la progressione della malattia il gruppo che aveva ricevuto il farmaco fin dall'inizio dello studio doveva essere superiore al gruppo in cui l'inizio era stato ritardato di 9 mesi in tutte e tre i confronti previsti. Nei pazienti trattati con 1 mg al giorno questo è avvenuto. Nei pazienti trattati con 2 mg al giorno questo è avvenuto solo in parte (il confronto era positivo a 9 mesi rispetto all'inizio, ma non a 18 mesi rispetto all'inizio; il terzo confronto tra 9 e 18 mesi era positivo); quindi i risultati con 2 mg al giorno sono stati parziali. Abbiamo pensato che questo potesse essere dovuto al fatto che i pazienti erano all'inizio della malattia ed avevano pochi sintomi. Pertanto abbiamo rifatto le analisi nel sottogruppo di pazienti che avevano i sintomi più gravi (analisi post hoc cioè originariamente non prevista). In questo sottogruppo i risultati erano positivi sia per 1 mg che per 2 mg al giorno.
Quindi Lei è convinto che rasagilina sia efficace nel rallentare la progressione della malattia di Parkinson.
Io penso di sì, anche se mi rendo conto che dal punto di vista scientifico qualche dubbio ci sia. Penso che se avessimo incluso nello studio pazienti con sintomi un pò più gravi avremmo ottenuto risultati migliori. In ogni modo vedremo in futuro se ho ragione oppure no.
Avete iniziato altri studi per verificare il risultato?
No, stiamo continuando a seguire i pazienti in questo studio. I pazienti reclutati erano tanti, 1200, e quasi 1000 pazienti stanno continuando la terapia. Sono previste ulteriori analisi in futuro e vedremo se confermano i risultati oppure no.
Se è vero che rasagilina rallenta la progressione della malattia di Parkinson, secondo Lei, qual'è il meccanismo d'azione alla base della neuro protezione che conferisce?
Non parlerei di neuroprotezione. Neuroprotezione significa che il farmaco protegge le cellule nervose dalla morte. Noi non sappiamo se rasagilina ha questa proprietà nell'uomo. Lo studio dimostra solo che rasagilina modifica l’andamento della malattia, non sappiamo come. I meccanismi alla base del fenomeno dovranno essere chiariti in altri studi.
Torniamo agli effetti osservati. I risultati sono espressi come punteggio UPDRS totale, che è la somma di 4 sottopunteggi (problemi motori, mentali, capacità di svolgere le attività quotidiane e complicazioni). Avete guardato se rasagilina funziona di più su una componente rispetto ad un'altra?
Rasagilina funziona su tutti i componenti della scala, ma soprattutto sulla componente motoria.
Allora, Lei è convinto che rasagilina rallenti la progressione della malattia di Parkinson. Se fosse davvero così, allora tutti i pazienti dovrebbero prenderlo. Oppure lo consiglia solo a quelli all’inizio della malattia, come i pazienti che sono entrati nello studio?
Dal punto di vista scientifico, bisogna dire che i dati sono limitati solo ai pazienti all'inizio della malattia e che quindi l’affermazione riguardo al rallentamento della progressione della malattia riguarda solo loro. Tuttavia, è ragionevole pensare che l’effetto sia presente in tutti i pazienti parkinsoniani. Vedremo che cosa succede durante la continuazione dello studio ADAGIO.
Qual'è stato il ruolo dell’Italia nello studio?
L'Italia ha dato un contributo importante. Dei 129 Centri partecipanti di 14 paesi, 9 erano italiani ed hanno reclutato molti pazienti. Inoltre, l'Italia era rappresentata dal sottoscritto nel Comitato Scientifico.
Lei lavora a Roma. È romano di origine o viene da un’altra parte d’Italia?
Io provengo dall'Aquila. Ho studiato medicina all'Università dell'Aquila e poi mi sono spostato a Roma per studiare la neurologia, ed i disturbi del movimento in particolare, e poi sono rimasto là.
L'Aquila! Spero che la sua famiglia non sia stata colpita dal recente terremoto.
Fortunatamente no. In realtà loro vivono un poco al di fuori della città, dove il sisma non ha causato grossi problemi.
Meno male. C'è qualche altra cosa relativa allo studio che vale la pena di riferire ai lettori di www.parkinson.it?
Sì, c'è. Dato che vi sono lavori in letteratura che suggeriscono che il melanoma sia più frequente nei malati di Parkinson, abbiamo chiesto a tutti i pazienti di sottoporsi ad una visita dermatologica. Qualche caso di melanoma è stato trovato. Facendo un confronto con la frequenza del melanoma nella popolazione generale, abbiamo stabilito che effettivamente il tumore è un pò più frequente nei pazienti parkinsoniani. E questi pazienti non avevano mai preso la levodopa. Pertanto questi dati “scagionano” la levodopa ed indicano che il fenomeno è dovuto alla malattia stessa. Conseguentemente, invito tutti i pazienti con malattia di Parkinson a sottoporsi periodicamente ad una visita dermatologica per prevenire lo sviluppo di un melanoma e tutti i colleghi neurologi ad incoraggiare i malati a farlo.
Inoltre, come membro del Comitato Scientifico, ho voluto aggiungere la valutazione della fatica. I dati mostrano che rasagilina è efficace anche nel ridurre l'affaticamento tipico dei malati all'inizio della malattia.
Per concludere, qual è il messaggio principale per i pazienti?
Finalmente uno studio ha fornito dati che suggeriscono che un medicinale è in grado di rallentare la progressione della malattia di Parkinson. Questo dato è estremamente incoraggiante e speriamo che apra la strada a terapie valide che permettano veramente di fermare l'aggravamento della malattia.