L’epilogo della storia degli idrocarburi come fattori ambientali di rischio per il Parkinson
Intervista al Professor Gianni Pezzoli, Direttore del Centro Parkinson ICP, nonché Presidente della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson e dell'AIP Associazione Italiana Parkinsoniani
JH: Quando ho letto la pubblicazione sulla metanalisi sui pesticidi e gli idrocarburi, mi sono ricordata del nostro primo incontro, quasi 15 anni fa, alla fine degli anni '90. Allora il Centro Parkinson era aperto da poco. Cercavate una persona di madrelingua inglese che vi aiutasse a finalizzare un manoscritto da presentare alla stessa rivista su cui ha pubblicato il Dr. Cereda, Neurology. Il manoscritto riguardava gli idrocarburi. E la persona che avete trovato ero io.
GP: Sì, è vero. Ed il manoscritto venne accettato e pubblicato nel 2000. Grazie ancora per l'aiuto.
JH: Mi ricordo che il problema riguardava artigiani che lavoravano senza opportuna protezione nell'ambito di piccole aziende familiari, ma non mi ricordo più i dettagli. Come avete fatto ad individuare questo fattore di rischio per la malattia di Parkinson? Se non erro, siete stati i primi, non è vero?
GP: Per quanto mi risulta, sì, siamo stati i primi a segnalare in letteratura questo fattore di rischio scrivendo una lettera alla rivista The Lancet nel 1989. A quei tempi avevamo visto che molti pazienti parkinsoniani erano artigiani che lavoravano a stretto contatto con materiali contenenti idrocarburi solventi: per esempio, artigiani che lavoravano il cuoio con le colle in ambienti chiusi, imbianchini che respiravano tutto il giorno le esalazioni provenienti dalle vernici oppure meccanici che immergevano le braccia nella benzina. Dopo alcuni anni, abbiamo individuato le sostanze che questi materiali avevano in comune: gli idrocarburi solventi.
Vi era il sospetto, ma mancava una dimostrazione. Ecco perché la Fondazione ha sponsorizzato uno studio su questi pazienti negli anni '90, lo studio descritto nel manoscritto che Lei ci ha aiutato a pubblicare.
JH: Mi ricordo che lo chiamavate lo studio “dei 990”. Perché?
GP: Perché abbiamo incluso nello studio 990 pazienti. Per una dimostrazione solida, bisogna sempre includere un numero elevato di pazienti. Abbinando i pazienti con una storia di esposizione ad idrocarburi solventi a pazienti di controllo non esposti, abbiamo dimostrato che l'esposizione era associata ad una anticipazione dell’esordio della malattia e da una maggiore gravità della malattia stessa.
JH: E questo bastava a dimostrare che gli idrocarburi sono un fattore di rischio per la malattia di Parkinson?
GP: Rafforzava molto il sospetto, ma non era una prova definitiva.
JH: Ma poi avete condotto altri studi.
GP: Certo. Innanzitutto abbiamo confermato il rilievo con le neuroimmagini dei nuclei cerebrali ottenute con la tecnica SPECT ed il tracciante DatScan, che presenta una alta affinità per i trasportatori della dopamina. Questa tecnica permette di ottenere una stima affidabile dei neuroni dopaminergici ancora presenti. Lo studio ha rilevato livelli significativamente più bassi dei trasportatori della dopamina nei pazienti esposti agli idrocarburi solventi rispetto ai non esposti, confermando che l'esposizione è associata a malattia più grave.
JH: Ma non tutte le persone esposte si ammalano, vero?
GP: No. Ci siamo chiesti perché ed abbiamo trovato una possibile spiegazione. Abbiamo appurato che i pazienti parkinsoniani sono poveri metabolizzatori (ovvero il loro organismo fa fatica a spezzettare ed eliminare) uno degli idrocarburi solventi più importanti, l'n-esano rispetto a soggetti sani. Inoltre, abbiamo visto che con l'età la capacità di metabolizzare questa sostanza, già bassa in partenza, si riduce ulteriormente, un rilievo compatibile con l'esordio della malattia in età non più giovane.
JH: Nessun altro ha fatto studi sugli idrocarburi?
GP: Sì, è stato pubblicato uno studio da parte di un gruppo di ricercatori della Università di Nottingham in collaborazione con la famosa azienda automobilistica Rolls-Royce. Essi hanno evidenziato che una prolungata esposizione agli idrocarburi è associata ad un rischio aumentato di quasi 4 volte di sviluppare la malattia di Parkinson.
JH: Oggi si parla molto di genetica. C'è qualche studio che mette in relazioni gli idrocarburi e la genetica?
GP: C’è uno studio sui gemelli che esclude che i casi fossero dovuti ad una causa genetica, rafforzando il ruolo degli idrocarburi come fattore ambientale. La Dr.ssa Tanner, nota ricercatrice californiana che studia i fattori di rischio per la malattia di Parkinson ha effettuato uno studio su 99 coppie di gemelli veterani della II Guerra Mondiale, di cui uno affetto da malattia di Parkinson e l'altro no, facendo loro rispondere ad un questionario atto ad evidenziare eventuali esposizioni nel corso della loro vita. E' emerso che il rischio di sviluppare il Parkinson era quasi raddoppiato (1,7 volte) dall'esposizione anche a uno solo di questi composti. L'intervallo medio tra l'inizio dell'esposizione e la manifestazione dei sintomi era lungo (da 10 a 40 anni).
JH: Questa sì che era una prova! Inoltre, l'aumento del rischio è simile a quello che è stato trovato nel lavoro attuale (rischio 1,6). Non era sufficiente?
GP: Sì, certo, a quel punto le prove a favore del ruolo degli idrocarburi solventi erano notevoli, ma vi erano ancora ricercatori poco convinti, perché pubblicazioni importanti sui fattori di rischio ambientali per la malattia di Parkinson non li includevano.
JH: Come mai?
GP: In genere gli studi sulla esposizione non vengono effettuati mentre il soggetto è esposto, perché la malattia compare anni dopo e la memoria inganna. Non tutti i soggetti si ricorda (o magari non hanno mai saputo) come effettivamente era l’ambiente in cui lavoravano o vivevano a distanza di anni, Pertanto il margine di errore è notevole.
JH: Ed ora il lavoro con il dottor Cereda che cosa aggiunge?
GP: Il lavoro ha fornito un tipo di prova diverso che mancava. Mi spiego. E' chiaro che non si potrà mai svolgere lo studio che dimostri il ruolo causale degli idrocarburi per motivi etici. Pertanto l'unica possibilità sono gli studi con lo scopo di dimostrare che vi è una associazione. Questo tipo di studi è sempre soggetto a critiche perché la dimostrazione di una associazione non dimostra con sicurezza un rapporto di causalità. Per esempio, nel dopo guerra l'altezza media degli italiani è aumentata molto. Allo stesso tempo è aumentato anche il livello di istruzione. Tuttavia, il livello di istruzione non è causato dall'aumento dell’altezza. I due fattori sono aumentati allo stesso tempo perché entrambi dipendono da un altro fattore – il miglioramento dello stato socio-economico. Ecco perché un altro lavoro sulla associazione non serviva, serviva una prova di tipo diverso ed il Dr. Cereda l'ha fornita. La metanalisi è uno strumento accettato dalla comunità scientifica, che la riconosce come un livello di dimostrazione superiore a quella del singolo studio.
JH: Allora adesso il ruolo della esposizione agli idrocarburi-solventi come fattore di rischio per la malattia di Parkinson è dimostrato. Si tratta solo di una curiosità scientifica oppure ha dei risvolti pratici?
GP: Questo risultato ha dei risvolti pratici. Gli idrocarburi solventi sono composti che sono presenti in molti prodotti usati nella vita quotidiana, come la trielina, la benzina, le vernici, le colle, i lubrificanti, gli sgrassanti e prodotti per la pulizia. Innanzitutto, vi è la necessità di areare sufficientemente gli ambienti di lavoro dove vengono usate queste sostanze. Per fortuna, ormai l'esposizione a queste sostanze in ambienti professionali è un ricordo del passato. Dobbiamo comunque evitare l’esposizione anche in casa, per es. areare bene ambienti in cui le pareti o mobili sono stati riverniciati, usare le colle e gli sgrassanti con i guanti. Inoltre, il neurologo dovrà tenere presente che il paziente con una storia di esposizione a queste sostanze potrebbe essere più resistente alle terapie, perché ha una probabilità maggiore di avere una malattia più grave.
JH: Grazie, Professore. E così arriviamo all'epilogo della storia degli idrocarburi-solventi, alla conclusione di un progetto di ricerca della Fondazione Grigioni, che ha raggiunto i suoi obiettivi con un pieno successo. Speriamo che sia così anche per il suo progetto attualmente in corso, il progetto di mettere a punto una terapia a base di cellule staminali per il Parkinson.