A chi donare il cinque per mille?
Intervista al Prof. Gianni Pezzoli,
Presidente della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson, nonché Direttore del Centro Parkinson ICP di Milano e Presidente della AIP, Associazione Italiana Parkinsoniani
JH: In questo periodo dell’anno bisogna decidere a chi donare il 5 X 1000. Sono qui per capire perché conviene donarlo alla Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, un ente morale con la missione di raccogliere fondi e sponsorizzare ricerche sulla malattia di Parkinson ed i parkinsonismi. Si riesce ancora a condurre ricerca in Italia?
GP: Certamente. In base ad una classifica internazionale effettuata da una agenzia molto nota, la SCImago (www.scimagojr.com), l’Italia si è classificata ottava a livello mondiale per la ricerca in campo biomedico nel periodo 1996-2011, dopo Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone, Canada, Francia ed Australia. Con l’eccezione del Canada e dell’Australia, si tratta di paesi che hanno un prodotto interno lordo superiore a quello dell’Italia, che risulta pertanto avere una produttività veramente buona.
JH: Mi fa piacere pensare che la ricerca biomedica sia molto attiva in Italia. Bisogna pensare poi al campo in cui investire. Certo, la Fondazione Grigioni è attiva in un campo affascinante, quello delle cellule staminali, ma tratta la malattia di Parkinson, che non è una priorità sia perché riguarda prevalentemente la popolazione anziana, sia perché riguarda una parte limitata della popolazione (300.000 persone circa).
GP: Premesso che ci sono anche casi di Parkinson giovanile (l'altro giorno ho visito un paziente che aveva avuto l'esordio a 12 anni e pensiamo ad un personaggio famoso, l'attore Michael J Fox, che ha avuto l'esordio a 29 anni), ricordiamo che l'età media di esordio è 58 anni ed oggi, in seguito alla riforma introdotta dal governo Monti, si va in pensione a 67 anni ed oltre – dunque mediamente compare quando il lavoratore ha davanti a sé ancora 10 anni di lavoro. Inoltre, la malattia presenta analogie con altre malattie neurodegenerative, quali la malattia di Alzheimer, e si pensa che possano avere fattori causali in comune. Pertanto, la ricerca sul Parkinson può avere ricadute anche per le altre malattie neurodegenerative. Questo è molto importante, perché la frequenza delle malattie neurodegenerative nel loro complesso sta aumentando velocemente. Dato che queste malattie conducono progressivamente a disabilità anche totale, ma permettono una sopravvivenza lunga (i parkinsoniani possono vivere più di 30 anni dopo la diagnosi) finiranno per costituire un fardello insostenibile per la società se non interveniamo efficacemente.
JH: D’accordo, mi ha convinto. Ma perché proprio la Fondazione Grigioni?
GP: Perché la Fondazione ha un approccio alla ricerca sulla malattia di Parkinson e parkinsonismi di vasta portata che non ha eguali.
Tanto per cominciare, sponsorizza la banca dati clinica del Centro Parkinson ICP di Milano, che ormai contiene dati relativi a 22.000 pazienti seguiti per periodi fino a 16 anni, con documentazione particolareggiata che comprende fino a 250 variabili. Sponsorizza poi la Biobanca, che conserva materiale biologico per ricerche di vario genere, disponibile su richiesta per ricercatori sia italiani che stranieri: sangue per l'estrazione del DNA e RNA per studi di genetica, campioni di pelle per la trasformazione di fibroblasti della pelle in cellule staminali, campioni di tessuto nervoso per studi istopatologici.
Inoltre sponsorizza molti altri tipi di ricerca: ricerche sui fattori ambientali, studi di approfondimento sui farmaci anti-parkinson, nonché studi sui circuiti nervosi documentati con le neuroimmagini, progetti internazionali (per es. il progetto Africa) e ricerca sulle cellule staminali. Per approfondimenti si può consultare il sito www.parkinson.it.
JH: So che attualmente avete uno studio in corso sulle cellule staminali. A che punto è?
GP: Abbiamo già trattato 2 pazienti e ne abbiamo reclutati altri 3. Quando abbiamo trattato i primi 5 pazienti dobbiamo relazionare all'Istituto Superiore di Sanità, perché l'autorizzazione è soggetta a questa clausola. Se tutto procede bene, avremo l'autorizzazione a proseguire e trattare altri 20 pazienti.
JH: Se non erro, la PSP è una forma di parkinsonismo che è rara. Avrete problemi a reclutare gli altri 20 pazienti?
GP: Assolutamente no. Migliaia di pazienti afferiscono al Centro Parkinson ICP dove si svolge ed abbiamo tante richieste. Si figuri che siamo stati contattati anche da pazienti negli Stati Uniti.
JH: Dagli Stati Uniti? Per loro non è più facile andare a Lima, dove ha accompagnato Lei una paziente?
GP: Le due terapie non sono identiche. In entrambi i casi viene prelevato un campione di midollo osseo e le staminali vengono reinfuse tramite un catetere nelle arterie che portano il sangue al cervello. Tuttavia, a Lima la parte del midollo osseo che contiene staminali viene reinfuso subito, mentre nel nostro studio ci sono due fasi intermedie, eseguite presso la Cell Factory (“Fabbrica delle Cellule”) del Policlinico di Milano: 1) isolamento delle cellule staminali di un tipo particolare, le cellule staminali mesenchimali, che producono fattori di crescita in grado di prolungare la sopravvivenza di cellule nervose; 2) la loro coltivazione in vitro in modo da produrre un numero elevatissimo di cellule staminali mesenchimali da infondere. Così riteniamo che ci siano più probabilità di ottenere un effetto terapeutico significativo.
JH: Come sono andati i primi due pazienti?
GP: Sono andati bene, non si è verificato alcun effetto collaterale. Per quanto riguarda eventuali effetti terapeutici, qualcosa ci sembra di avere visto. Tuttavia, è presto per poter dire qualcosa con certezza, perché tutti i primi 5 pazienti saranno trattati con le staminali e lo sanno. Il miglioramento che si osserva potrebbe essere dovuto al cosiddetto effetto placebo: un paziente è convinto che la terapia funzionerà e si sente subito meglio, anche se in realtà la terapia non funziona – è un inganno della mente. Potremo veramente affermare qualcosa dopo avere trattato i successivi 20 pazienti in cieco ovvero in condizioni in cui non sanno se hanno ricevuto la terapia a base di staminali oppure solo una simulazione della procedura. Purtroppo abbiamo fondi per trattare solo i primi 5 pazienti. A meno di ricevere ulteriori donazioni, non potremo effettuare la parte in cieco. Stiamo parlando di una cifra considerevole, perché ciascun paziente costa quasi 30.000 euro.
JH: Quasi 30.000 euro per un paziente! Come mai costa così tanto?
GP: Innanzitutto ci sono le spese della Cell Factory, che richiede attrezzature e reagenti molto costosi. Poi c'è la spesa per la degenza necessaria per l'esecuzione della infusione intra-arteriosa delle cellule, perché il SSN non riconosce le degenze per motivi di ricerca. Inoltre, i pazienti vengono seguiti per un anno, durante il quale oltre alla usuale visita neurologica, vengono effettuati esami aggiuntivi per la valutazione della efficacia ovvero l'analisi multifattoriale computerizzata dei movimenti; acquisizione di immagini del cervello tramite SPECT e PET ed una serie di test neuropsicologici.
JH: Veramente una valutazione approfondita, non c’è che dire. Lascio ai lettori giudicare in base a questa intervista ed a quanto risulta sul sito a chi donare il 5X1000. Chi volesse donarlo alla Fondazione troverà sul sito le modalità per effettuare la donazione.