Cellule della pelle diventano cellule nervose che producono dopamina: è vicino il giorno dei trapianti?
Intervista al Dr. Vania Broccoli, direttore della Unità di Cellule Staminali e Neurogenesi, Divisione di Neuroscienze, Istituto Scientifico San Raffaele di Milano ed al Prof. Gianni Pezzoli, direttore del Centro Parkinson ICP a Milano e Presidente della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson
JH: Dr. Broccoli, Lei ha pubblicato un articolo sulla prima rivista scientifica al mondo – Nature. Per pubblicare a quel livello, bisogna avere effettuato uno studio originale ovvero che nessuno ha fatto prima ed avere ottenuto dei risultati molto importanti, che rappresentano un punto di svolta nella medicina. Vediamo di chiarire ai lettori di www.parkinson.it questi due punti, ovvero che cosa ha fatto di originale e perché i risultati sono importanti.
VB: Ho svolto studi con una nuova tecnologia rivoluzionaria: la riprogrammazione genetica delle cellule Tutte le cellule del nostro corpo contengono il nostro DNA, ma nei vari tipi di cellule (es. cellule della pelle, celle nervose, ecc.) il DNA è “programmato” diversamente. Questo fa sì che alcune unità funzionali del DNA, detti geni, funzionano (“si esprimono”) tanto, mentre altri stanno in silenzio, a seconda del quello che la cellula deve fare. La mia equipe ha scoperto come modificare il programma di cellule della pelle (i fibroblasti) tramite l'inserimento di soli tre geni. Dopo l'inserimento di questi ultimi, nell’arco di un paio di settimane le cellule della pelle cambiano il loro comportamento e diventano cellule nervose che producono dopamina. Siamo riusciti a farlo non solo con cellule di topi e ratti, ma anche con cellule di origine umana. Si trattava di cellule della pelle donate da persone sane e da malati di Parkinson. Molti ricercatori stanno lavorando alla riprogrammazione genetica delle cellule, ma finora nessuno era riuscito a fare una cosa del genere con cellule di origine umana e per giunta con l'inserimento di così pochi geni, ecco perché Nature ha accettato il nostro lavoro.
JH: È proprio sicuro che le cellule trasformate hanno tutte le complesse funzioni delle cellule nervose dopaminergiche?
VB: Assolutamente sì. Ho collaborato con l'elettrofisiologo russo Alexander Dityatev che lavora all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Lui ha sottoposto le cellule a una serie di test ed è giunto alla conclusione che presentano tutti i comportamenti di una cellula nervosa dopaminergica normale: trasmettono impulsi elettrici; presentano attività elettrica spontanea con una frequenza regolare a 2-2,5 Hz e con un andamento particolare che si osserva quasi esclusivamente nelle cellule nervose dopaminergiche; presentano i marcatori delle cellule nervose dopaminergiche, tra cui i trasportatori della dopamina ed i recettori D2. Inoltre, la mia equipe ha trovato quantità di dopamina nelle colture di queste cellule, il che significa che secernono il neurotrasmettitore proprio come fanno le cellule nervose dopaminergiche nel cervello. Quando è stata aggiunta alla coltura una sostanza che stimola i recettori D2 (che regola cioè la produzione di dopamina), la produzione di dopamina nella coltura è diminuita. Infine, le cellule trasformate di topo sono state trapiantate nella corteccia dell'animale (luogo anormale per cellule nervose dopaminergiche, ma vi era il bisogno di poterle distinguere dalle cellule nervose circostanti) ed hanno attecchito, entrando a fare parte di circuiti nervosi tramite i loro tipici collegamenti, dette sinapsi.
JH: Tutte le cellule si sono comportate così? O vi erano differenze tra quelle di topo e di origine umana, oppure tra quelle dei donatori sani e dei malati di Parkinson?
VB: Tutte quelle che si sono trasformate. Purtroppo molte non l'hanno fatto. Si sono trasformate circa il 18% delle cellule di topo ed il 4% delle cellule di origine umana. Non vi erano differenze tra il comportamento delle cellule dei donatori sani e di quelle dei malati di Parkinson.
JH: Se ho capito bene, le cellule trasformate si comportano esattamente come le cellule nervose dopaminergiche normali. Allora sono proprio identiche alle cellule nervose dopaminergiche del cervello?
VB: No, non sono proprio identiche. Abbiamo anche analizzato 13000 geni del loro DNA ed abbiamo scoperto 160 differenze (1,2% del totale). Tuttavia, in base alle conoscenze attuali non sembra che queste differenze abbiano importanza.
JH: E veniamo al'’importanza di questi risultati.
VB: Il vero punto rivoluzionario di questi risultati consiste nel fatto che le cellule si siano trasformate da cellule della pelle in cellule nervose senza passare attraverso fasi intermedie di sviluppo. In passato altri ricercatori erano riusciti a trasformare cellule della pelle in cellule nervose, ma facendole tornare indietro a cellule staminali (“ringiovanendo”) le cellule della pelle e poi inducendole a trasformarsi in cellule nervose. Ci siamo riusciti anche noi. Tuttavia, questa procedura presenta dei rischi. Come ho già avuto occasione di spiegare in passato (vedere l'intervista "i raccolti di un coltivatore di cellule staminali") le cellule staminali sono cellule che proliferano moltissimo e purtroppo, quando si induce la trasformazione in cellule nervose, alcune di esse sfuggono al controllo e possono diventare cellule tumorali. Con la nuova procedura questo rischio non c’è più.
JH: Mi ricordo. Diceva che questo frenava l'uso delle cellule per un trapianto di cellule nervose dopaminergiche con lo scopo di rimpiazzare quelle distrutte dalla malattia di Parkinson. Allora, adesso le cellule nervose dopaminergiche ottenute con la riprogrammazione genetica sono utilizzabili?
VB: La nostra procedura mette finalmente a disposizione una fonte di cellule nervose dopaminergiche omogenee, che dovrebbe prestarsi bene per un trapianto. Le cellule che possiamo fornire sono molto diverse da quelle usate in passato ovvero cellule fetali, che hanno dato risultati negativi. Le cellule prese da feti umani usate comprendevano non solo cellule nervose dopaminergiche, ma chissà quali altri tipi di cellule. Infatti, l'autopsia di due pazienti che avevano presentato importanti effetti collaterali dopo il trapianto (movimenti involontari) e che sono morti nel frattempo ha evidenziato circuiti anormali con quantità eccessive di un altro neurotrasmettitore, la serotonina, a dimostrazione che erano state trapiantate anche cellule nervose serotoninergiche. Inoltre, derivando da cellule del paziente stesso, le cellule geneticamente riprogrammate non saranno soggette a rigetto.
Prima di avviare procedure di trapianto, però, dobbiamo effettuare alcune prove nell'animale. Come ho detto prima, abbiamo la certezza che le cellule riprogrammate in cellule nervose non sono proprio identiche a quelle nate come cellule nervose. Dobbiamo dimostrare che non presentano problemi di sicurezza inaspettati e che funzionino veramente. Studi in topi e ratti il cui cervello è stato danneggiato con la tossina 6-OHDA per creare lesioni simili a quelli che si trovano nel cervello dei malati di Parkinson sono già in corso ed i primi risultati dovrebbero essere disponibili a fine anno. Nel frattempo procediamo anche con studi per migliorare l'efficienza della procedura, perché la trasformazione del 4% delle cellule è un po' bassa. Se i risultati nei topi e nei ratti fossero positivi, procederemo con studi nella scimmia e quindi se tutto dovesse andare bene, allora avvieremo pratiche con le autorità sanitarie per ottenere il permesso per sperimentare il trapianto di cellule nell'uomo. Qualche complicazione burocratica ci sarà, perché si tratta di cellule geneticamente modificate, soggette ad una legislazione severa. Tuttavia, pensiamo che si tratti di problemi risolvibili in pochi anni.
JH: Dr. Broccoli, Lei cosa pensa, le prospettive per i trapianti sono buone?
VB: Io credo a quello che sto facendo. Tuttavia, preferisco non rispondere a questa domanda direttamente, perché non sono un medico e non è di mia competenza.
JH: Finalmente un ricercatore che non dice che i risultati ci saranno tra 5-10 anni, ma tra solo un paio! A nome dei pazienti parkinsoniani, La ringrazio molto per tutto quello che sta facendo e per il tempo che mi ha dedicato. Adesso vado a porre qualche domanda ad un neurologo che ha già esperienza di sperimentazioni in cui sono state trapiantate cellule nei pazienti parkinsoniani.
VB: Un momento, prima di concludere vorrei esprimere la mia riconoscenza alla Fondazione Grigioni che mi sponsorizza pagando la borsa di studio di uno dei miei collaboratori. Questa ricercatrice ha avuto un ruolo importante nella messa punto della riprogrammazione genetica delle cellule ed attualmente è responsabile dei trapianti cellulare sui topi e ratti. Inoltre, desidero ringraziare tutti coloro che hanno donato campioni di pelle alla Biobanca presso il Centro Parkinson ICP.
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JH: Prof. Pezzoli, se non erro, Lei ha esperienza diretta di trapianti di cellule nel Parkinson.
GP: È vero. Mi sono specializzato in neurologia, ma anche in neurochirurgia. Ho personalmente svolto ricerche sul trapianto di cellule surrenali secernenti dopamina nel ratto. Inoltre, ho avuto un coinvolgimento nella sperimentazione che ha condotto il Prof. Fahn della Columbia University negli anni ’90, trapiantando cellule fetali nello striato. Purtroppo, ho constatato di persona anche quali gravi effetti collaterali può avere talvolta un trapianto: movimenti involontari incontrollabili, di fronte ai quali eravamo impotenti.
JH: Capisco. Immagino che sia restio ad effettuare altri trapianti. Cosa pensa della prospettiva di riprendere trapianti con le cellule riprogrammate geneticamente per diventare cellule nervose dopaminergiche dal Dr. Broccoli? Pensa che funzioneranno nell'animale?
GP: In base ai dati sperimentali che ho visto (sono co-autore dell'articolo pubblicato su Nature e sono stato coinvolto nella interpretazione dei risultati) credo che si tratti di vere e proprie cellule nervose e che la probabilità che gli studi nell'animale diano risultati positivi sia alta.
JH: Allora, tra pochi anni ci troveremo di fronte al dilemma: procediamo con i trapianti oppure no? Cosa pensa di questa ipotetica opportunità?
GP: Penso che questa opportunità presenta alcuni aspetti positivi ed altri ancora incerti.
Gli aspetti positivi sono che finalmente abbiamo una fonte di cellule nervose dopaminergiche omogenee purificate, che rappresenta un notevole passo avanti rispetto a quello che avevamo a disposizione in passato. Inoltre, il fatto che si tratti di cellule derivate dal paziente stesso supera qualsiasi problema di ordine etico, nonché il problema del rigetto.
Gli aspetti ancora incerti sono di ordine anatomico. Le cellule nervose dopaminergiche della sostanza nera emettono lunghi prolungamenti verso lo striato per formare un particolare circuito che regola il movimento. Cellule nervose dopaminergiche trapiantate nella Sostanza Nera potrebbero emettere prolungamenti solo per qualche millimetro, in tutte le direzioni. Dunque, per essere sicuri di ristabilire il circuito devo trapiantarle nello striato, così, in qualunque direzione emettano i prolungamenti si collegherebbero con cellule dello striato. Si tratterebbe comunque di una situazione non fisiologica.
Poi, vi è il problema legato alla quantità delle cellule. Certo, il Dr. Broccoli può aumentare l'efficienza della procedura ed usare tante cellule della pelle. Per evitare un danneggiamento meccanico del cervello non possiamo però prevedere di effettuare molte iniezioni di cellule lo striato. Non sarà facile quindi ripristinare tutto il circuito in maniera normale.
JH: Capisco. Tuttavia, non pensa che si potrebbe ottenere almeno un risultato positivo parziale?
GP: Penso che potremmo ottenere effetti parziali e migliorarci con il tempo, ma non credo che nessuno possa predire esattamente quali sarebbero i risultati.
JH: Allora, Lei è negativo o positivo, non pensa di cogliere questa opportunità, qualora si presenti?
GP: Io sono sempre positivo. Faccio solo presente quali sono le difficoltà. Vediamo come sono i risultati nell'animale e andiamo avanti.