Alla ricerca della firma genetica nella malattia di Parkinson
Richard H Myers, Professore di Neurologia, Boston University: grazie a tutti i pazienti che hanno contribuito alla Banca DNA di Milano, donando un campione di sangue.
Prof Myers, nella biografia nel sito della Sua Università (http://genetics.bumc.bu.edu/people/faculty/myers.htm) dice che professionalmente si interessa principalmente all'applicazione dei metodi di ricerca genetica per lo studio di malattie ad insorgenza in età adulta ad origine complessa, come la malattia di Parkinson (MdP) e la malattia di Alzheimer e che ha portato avanti un progetto di analisi del genoma nella MdP, lo studio "GenePD". Per cortesia ci spieghi che cosa è questo studio e che cosa l'ha indotta a effettuarlo, specificando perchè ha scelto la MdP.
Venti anni fa ero coinvolto nella ricerca su un'altra malattia neurodegenerativa, la malattia di Huntington, che è risultata essere una malattia di origine genetica. È stato scoperto il gene che lo causa ed ho deciso di estendere le mie ricerche ad altre malattie neurodegenerative ad origine più complessa.
Ero affascinato dalla MdP, perchè avevo rilevato una serie di contraddizioni nelle ipotesi dell'epoca riguardo alle sue cause. Mi era stato insegnato che non era una malattia genetica. Studi epidemiologici avevano identificato una serie di fattori ambientali associati ad un aumento della prevalenza della malattia, come i pesticidi, i metalli pesanti e, successivamente, gli idrocarburi. Tuttavia, le associazioni erano deboli e l'unico fattore fortemente predittivo della malattia era una storia di MdP in famiglia. Inoltre, era interessante notare che i familiari più frequentemente ammalati della stessa malattia erano i fratelli e non i coniugi; questa osservazione suggeriva che le cause sono genetiche e non ambientali.
Questo mi ha indotto a sviluppare un concetto diverso ovvero che forse la malattia è il risultato di una interazione tra fattori genetici e fattori ambientali, per cui solo i soggetti predisposti geneticamente sviluppano la malattia se sono esposti a fattori ambientali chiave. In altre parole, solo la presenza di mutazioni genetiche oppure la sola esposizione a fattori ambientali sarebbe insufficiente, solo la presenza concomitante di entrambi i tipi di fattori scatenerebbe la malattia.
Nel corso delle mie ricerche sulla malattia di Huntington avevo incontrato molte persone coinvolte in ricerche su altre malattie neurodegenerative, inclusa la MdP, e mi avevano chiesto di partecipare in qualità di consulente al Consiglio dell'APDA, l'Associazione dei pazienti affetti da MdP negli Stati Uniti. Ho esposto ai neurologi membri del Consiglio la mia ipotesi sulle cause della malattia ed è stato deciso di fondare un consorzio di istituzioni a livello internazionale, chiamato progetto GenePD per condurre un ampio studio su pazienti con almeno due familiari affetti da MdP, con lo scopo di identificare i geni responsabili per la malattia, qualora esistessero. Questo è avvenuto nel 1997.
Dice che lo studio ha richiesto la collaborazione a livello di internazionale di 20 centri. Uno di essi era il Centro Parkinson ICP a Milano con la sua Banca del DNA sponsorizzata dalla Fondazione Grigioni e da Telethon. Come è stata la collaborazione con il Centro?
La collaborazione è stata ottima.
Il Centro Parkinson ICP è stato quello che ha contribuito di più, sia in termini quantitativi che qualitativi. Lo studio GenePD study è riuscito a raccogliere complessivamente 1,095 campioni di DNA provenienti da 487 famiglie. Il Centro Parkinson ICP di Milano ha fornito il maggior numero di campioni. Tuttavia, il contributo principale è stato che abbiamo potuto studiare un gruppo di 500 campioni di DNA aggiuntivi, che ci hanno permesso di validare (ovvero confermare) i risultati del Progetto GenePD. Per cortesia, ringrazi tutti i pazienti che hanno contribuito alla Banca del DNA donando un campione di sangue.
Inoltre, la Banca del DNA presso il Centro Parkinson ICP comprende un elevato numero di campioni non solo di pazienti, ma anche di soggetti sani. Questo ci ha permesso di testare i risultati preliminari: ogni qualvolta abbiamo riscontrato varianti genetiche di interesse, abbiamo potuto cercarle sia nei pazienti parkinsoniani che nei soggetti sani in Italia e verificare se tali varianti erano veramente più frequenti nei pazienti rispetto alla popolazione senza MdP.
Abbiamo intenzione di continuare a cooperare in futuro su altri progetti.
So che lo studio GenePD, che è iniziato alla fine del secolo scorso, ha già fornito una serie di risultati interessanti. Potrebbe riassumere i principali risultati dello studio ottenuti finora?
Abbiamo ottenuto una serie di risultati assai interessanti.
Abbiamo scoperto che una variante del gene che codifica il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) è fortemente associato all'età di insorgenza della MdP, una scoperta che suggerisce che i fattori di crescita possano essere coinvolti nello sviluppo della malattia.
Un'altra scoperta interessante è stata quella relativa alla interazione tra i polimorfismi del gene GSTP1 (varie forme del gene), che codifica un enzima disintossicante, e l'esposizione a pesticidi. Abbiamo analizzato il gene tramite la tecnologia SNPs (polimorfismi a base di un solo nucleotide) allo scopo di stabilire la forma di gene GSTP1 avesse il paziente tra 7 forme, che differivano solo per un nucleotide (SNP) e poi abbiamo valutato se uno qualsiasi degli SNP era correlato all'età di insorgenza della MdP entro tre strati (gruppi): i pazienti mai esposti a pesticidi, i pazienti esposti presso la loro residenza (esposizione media) e quelli esposti nell'ambiente di lavoro (esposizione elevata). Abbiamo scoperto che 3 SNP erano associati all'età di insorgenza della MdP nel gruppo di pazienti con una storia di esposizione nell'ambiente di lavoro.
Questi rilievi sostengono la nostra ipotesi iniziale che la MdP sia il risultato di una interazione tra fattori genetici e fattori ambientali.
Ho sentito che la sua ultima iniziativa è di mettere assieme la banca dati dello studio GenePD con quello dello studio PROGENI. Perché ha deciso di farlo? Che cosa spera di realizzare?
Negli ultimi 2 o 3 anni è diventata disponibile una nuova tecnologia che ci permette di analizzare tutti i geni, ovvero tutto il genoma, contemporaneamente. Pertanto, ora siamo in grado di eseguire studi di associazione con tutto il genoma, cercando associazioni con ben 370.000 combinazioni genetiche e la MdP contemporaneamente - un fatto veramente impressionante.
Il problema è che tante più domande vengono poste e tante più sono le probabilità che vengano ottenuti risultati significativi per caso. L'unico modo di prevenire questo è di analizzare un numero molto elevato di campioni, un numero molto più elevato di quello che siamo riusciti a raccogliere nello studio GenePD. Per questo motivo abbiamo deciso di mettere insieme i nostri dati con quelli di un altro studio simile, lo studio PROGENI. I dati raccolti in questi studi sono simili, le differenze sono modeste. Per esempio, i ricercatori di questo studio non hanno raccolto dati sull'esposizione ai pesticidi, hanno preferito raccoglierne sulla sintomatologia. I dati genetici sono identici, per cui i dati possono essere messi insieme senza problemi.
Se tutto va bene, dovremmo riuscire a identificare una "firma" genetica della malattia ovvero una serie di caratteristiche genetiche che rendono un individuo predisposto allo sviluppo della malattia.
Sospettiamo che quello che attualmente chiamiamo MdP sia in realtà un gruppo di malattie simili e che troveremo più di una "firma".
Abbiamo appena terminato di mettere insieme le due banche dati ed ora stiamo analizzando i dati. Dovremmo trarre le conclusioni tra non molto tempo.
Credo che la tecnologia SNP sia già disponibile per soggetti che desiderano scoprire qualcosa di più sul loro patrimonio genetico. Lei consiglia questi test o no?
Sì, la tecnologia SNP è disponibile e chiunque può chiedere un'analisi del proprio DNA. Il problema è che in realtà non conosciamo il significato dei risultati. IL DNA è come un testo in una lingua straniera che stiamo ancora imparando. Attualmente siamo in grado di identificare le lettere ed abbiamo cominciato a metterle insieme per formare parole, ma non siamo ancora in grado di mettere insieme le parole per formare frasi a senso compiuto. Pertanto, attualmente non vale la pena di sottoporsi a questi test.
C'è un messaggio che vorrebbe dare ai pazienti affetti da MdP?
In ricerca i tempi sono entusiasmanti, ci sono tanti progetti innovativi in corso. Personalmente sono coinvolto non solo nella ricerca della "firma" genetica della MdP, ma anche in ricerche sulle cellule staminali. Sto cooperando con il centro americano che ha pubblicato i risultati relativi alla riprogrammazione delle cellule adulte della pelle, che le ha ringiovanite finchè sono tornate ad essere cellule staminali. Speriamo di imparare a rimuovere cellule adulte della pelle a pazienti parkinsoniani, a trasformarle in cellule staminali ed a indurle a trasformarsi in cellule nervose dopaminergiche che potrebbero essere trapiantate nel cervello senza rischio di rigetto, dato che sarebbero cellule dello stesso paziente, con lo stesso DNA.
Cosa siete riusciti a fare sinora?
Mi dispiace, è troppo presto. Non sono in grado di parlare dei nostri risultati ora. Forse tra un anno lo sarò.
Professor Myers, grazie per il tempo che mi ha dedicato. Se Le va bene, vorrei prenotarmi per un'altra intervista tra un anno, per sentire qualcosa di più sia sulla "firma" genetica della MdP che sul progetto di ringiovanimento delle cellule della pelle.
Va bene. E mi raccomando, si ricordi di ringraziare i pazienti del Centro Parkinson ICP a Milano.