La riabilitazione cognitiva nella malattia di Parkinson
Oltre ai ben noti sintomi motori, nella malattia di Parkinson possono comparire alcune disfunzioni cognitive, che vengono annoverate tra i sintomi non motori.
I deficit cognitivi nel Parkinson variano da un lieve deterioramento cognitivo (in inglese MCI, Mild Cognitive Impairment, cioè disturbo cognitivo lieve) fino alla demenza della malattia di Parkinson (in inglese PDD, Parkinson's Disease Dementia). Si stima che i deficit si presentino nel 20-40% dei pazienti, anche se sono di solito lievissimi e rilevabili solo con i test neuropsicologici formali.
Tra tutte le disfunzioni cognitive, i deficit delle funzioni esecutive (ad esempio, la compromissione della capacità di pianificare e inibire i comportamenti, i deficit di attenzione e di memoria di lavoro) sono i più comunemente riscontrati e possono avere un importante impatto sulla capacità della persona di svolgere le attività della vita quotidiana. Questi cambiamenti cognitivi possono essere particolarmente legati alla funzione dopaminergica fronto-striatale.
Nonostante la prevalenza delle disfunzioni cognitive nel Parkinson, il loro trattamento è rimasto un'area di bisogno clinico insoddisfatto, perchè le terapie esistenti sono solo sintomatiche e non sempre efficaci per tutti i pazienti. Pertanto, l'uso di interventi non farmacologici per migliorare le funzioni cognitive e per prevenire l’insorgere di un decadimento cognitivo più marcato è di notevole importanza.
La riabilitazione cognitiva è definita come un programma di specifici compiti cognitivi, progettato per migliorare le prestazioni in uno o più domini cognitivi, come la memoria, l'attenzione o le funzioni esecutive.
Una revisione sistematica sugli effetti della riabilitazione cognitiva rilevati attraverso la risonanza magnetica suggerisce cambiamenti strutturali sia nella sostanza grigia cerebrale che in quella bianca, in particolare nell'ippocampo, in seguito alla riabilitazione cognitiva. Questi benefici possono essere dovuti alla neuroplasticità, cioè alla capacità del sistema nervoso di adattare la propria struttura in risposta a una varietà di stimoli interni od esterni, quale può essere la riabilitazione.
Estendendo tale considerazione al Parkinson in particolare, la riabilitazione cognitiva può potenzialmente portare a benefici aumentando la neuroplasticità direttamente all'interno del circuito frontostriatale, che è compromesso. Quindi, la progettazione di compiti cognitivi che mirano specificamente a questo circuito può consentire una riabilitazione cognitiva specifica per i pazienti parkinsoniani.
Ad oggi, moltissimi studi si sono focalizzati sui benefici della riabilitazione cognitiva nel Parkinson: in sintesi, è emerso che i dati sono difficili da confrontare a causa delle differenze nella diagnosi, nella metodologia e nelle misure di risultato tra gli studi, ma alcune caratteristiche di questa riabilitazione sembrano dare migliori risultati:
-l'uso della tecnologia basata sul computer per migliorare l'impegno, l'accessibilità e la consegna;
-la personalizzazione dei programmi per soddisfare i domini cognitivi prevalentemente colpiti, oltre alla personalizzazione basata sul deterioramento cognitivo specifico dimostrato dal paziente;
-l’uso della riabilitazione cognitiva di gruppo e in ambulatorio, piuttosto che a casa, al fine di incoraggiare l'interazione sociale;
-il perfezionamento e la standardizzazione delle batterie di valutazione, compreso l'uso di scale sulla qualità di vita e le autonomie, al fine di valutare meglio la trasferibilità dei risultati nel mondo reale del paziente.
La riabilitazione può essere svolta in sessioni di circa 45-60 minuti, con una frequenza minima di una volta alla settimana, fino a cadenza quotidiana, in base al protocollo clinico scelto dallo specialista. L'efficacia può potenzialmente essere migliorata attraverso la combinazione con altre strategie non farmacologiche basate sull'evidenza, come la riabilitazione motoria e la stimolazione transcranica a corrente diretta continua. Inoltre, date le difficoltà di destrezza manuale, che possono ostacolare significativamente la capacità di utilizzare le attrezzature usate nella riabilitazione cognitiva, dovrebbero essere sviluppate attrezzature appropriate per il paziente con Parkinson.
La riabilitazione cognitiva potrebbe portare a notevoli miglioramenti nelle funzioni cognitive, o addirittura ritardare l'insorgenza dei deficit cognitivi, un risultato che sarebbe particolarmente importante visto l’impatto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro famigliari.
A cura della dr.ssa Viviana Cereda, Neuropsicologa, Fondazione Grigioni