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Neuroimmagini DAT potrebbero avere significato prognostico
Studio in 491 pazienti.
Sono stati sottoposti a neuroimmagini ottenute tramite SPECT ed un tracciante per il rilievo dei trasportatori della dopamina (DAT) 537 soggetti di cui 491 presentavano deficienza di dopamina. I pazienti sono stati seguiti mediamente per 5,5 anni . E' stato stabilita una correlazione tra bassi livelli di DAT basali e la gravità della compromissione motoria, le cadute e l'instabilità posturale, la compromissione cognitiva, la psicosi e la depressione. Il cambiamento osservato nelle neuroimmagini dopo 22 mesi era associato agli esiti motori, cognitivi e comportamentali. Soggetti nel quartile (quarto) inferiore al basale avevano un rischio 3 volte più alto di sviluppare compromissione cognitiva ed un rischio 13 più elevato di psicosi. Gli autori dichiarano che i risultati sono promettenti ma devono essere confermati da altri.
Intervista al neurologo curante Prof. Gianni Pezzoli
D: Professore, sappiamo che lei è stato il neurologo personale del Cardinal Martini negli ultimi dieci anni. È stata per lei un'esperienza speciale? R: Il Cardinal Martini era una persona speciale, per credenti e non credenti e penso che il suo fascino maggiore sia dipeso proprio dalla sua scelta di rivolgersi così frequentemente al popolo dei non credenti. Io l'ho seguito per dieci anni, a Milano, a Roma e a Gerusalemme, l'ho incontrato decine e decine di volte, ne sono diventato amico. È logico che mi sia difficile separare il racconto clinico dalle emozioni umane che ho provato in questo periodo.
D: Si son dette tante cose sull'evoluzione delle ultime settimane del Cardinale, che sia stata usata una sedazione, quasi un'eutanasia, una “dolce morte”. Lei può aggiungere qualcosa a ciò che è stato detto? I pazienti sono ansiosi di saperlo, abbiamo da loro ricevuto centinaia di domande. R: Non si possono raccontare tutti i dettagli delle ultime settimane del Cardinale senza violarne la privacy. Diciamo che preferirei parlare di una persona nelle condizioni del Cardinal Martini, anche perché tutto sommato l'evoluzione della malattia di Parkinson del Cardinale è stata molto normale, ha avuto ben poco di inusuale.
D: E quindi cosa ci può dire di quello che è accaduto? R: A ottantacinque anni, con 16-17 anni di malattia alle spalle, ci si trova in genere di fronte ad un paziente molto fragile. È raro che ci sia soltanto la malattia di Parkinson, è più frequente che ci siano anche cardiopatie con aritmie cardiache, problematiche pressorie e molto altro. In generale, la terapia è complessa, con assunzioni frequenti. La gestione di un paziente di questo tipo richiede un'organizzazione molto competente e dedicata. Il cardinale ha avuto la fortuna di essere assistito nell'organizzazione generale da Don Damiano Modena, in quella infermieristica da Marco De Lucchi, Marisa Allevi e Michele Paiotta; e per quella medica dal Prof.Rocca, dal Dott.Tosetto. Nella fase finale è intervenuta anche la dottoressa Ianna.
D: Quindi un'organizzazione completa, una specie di ospedale? R: Sì, è stata un'organizzazione di grande efficienza. Purtroppo anche le organizzazioni migliori non possono impedire che la malattia avanzi. Com'è noto, l'evento scatenante è avvenuto verso la metà di agosto, quand'è comparsa una disfagia (incapacità a deglutire) quasi completa.
D: Questo capita a molti pazienti con malattia di Parkinson? R: La disfagia è un sintomo sfavorevole, che si presenta in una fase avanzata della malattia. Nel Cardinale, un fenomeno analogo si era verificato un paio di anni fa e ne aveva ridotto moltissimo il volume della voce. Questi episodi possono essere correlati a microembolizzazioni, spesso legate ad aritmie cardiache o altro.
D: La disfagia può provocare anche gli episodi di dispnea (difficoltà a respirare) che si verificano nei pazienti con malattia di Parkinson? R: Questi episodi sono in realtà generalmente correlati non alla disfagia, ma agli effetti collaterali a lungo termine della terapia farmacologica. Nei malati di Parkinson può presentarsi una sensazione di affanno senza che vi sia una reale difficoltà nella respirazione; il paziente stesso può capire la natura del sintomo osservando le proprie unghie: se le unghie sono rosee, significa che la respirazione avviene in maniera efficace, e quindi l'affanno è solo una sensazione, altrimenti le unghie diventerebbero bluastre.
D: Per trattare la disfagia del Cardinale, avete proposto il posizionamento di un sondino naso-gastrico? R: In generale, questa è la soluzione di prima scelta e anche la più semplice, anche se il sondino non può restare in sede per tantissimo tempo e quindi è giusto, da subito, pensare ad un futuro in cui sarà necessario l'utilizzo di una PEG (gastrostomia endoscopica percutanea) per soddisfare i fabbisogni nutrizionali. Poi, dovremmo pensare all'aspirazione delle secrezioni, perché purtroppo la disfagia provoca uno scolo continuo di saliva a livello bronchiale.
D: E tutto questo è stato proposto al Cardinale? R: Tutto ciò è stato spiegato, ma tanto più la terapia si è presentata complessa, tanto più il Cardinale si è dimostrato non disposto a seguirla. Ci siamo così trovati di fronte ad un paziente che assumeva per bocca sempre meno alimenti e con modalità particolari (addensati e gelificati). Faceva anche una grandissima fatica ad assumere tutte le compresse che aveva in terapia, la quale ad un certo punto è stata drasticamente semplificata. Da subito, la disfagia ha provocato tosse, soprattutto durante la notte, talvolta incoercibile. Quindi, abbiamo dovuto ricorrere ad una sedazione, prima notturna e poi anche diurna. Il cardinale è sempre stato lucido, fino all'ultimo giorno, quando in seguito ad una ridotta assunzione della terapia per il Parkinson (per incapacità a deglutirla) ed un fenomeno disfagico sempre più invalidante, ha subito una sedazione più consistente da parte della dott.ssa Ianna, che si occupa di terapie palliative.
D:Quindi si può parlare di eutanasia? R: Si può parlare di una morte naturale in cui al paziente è stata ridotta la sofferenza, che inevitabilmente si presenta in queste condizioni patologiche.
D: Qualcuno ha detto che al cardinale è stata concessa una “buona morte”, mentre ad Eluana Englaro no. R: Quella del Cardinale era una situazione in fase rapidamente evolutiva, destinata a concludersi in pochi giorni. Quella di Eluana era invece una condizione stabile. In ogni caso, non voglio entrare nel merito di polemiche che mi sembrano ora abbastanza fuori luogo.
D: Siete stati quindi molto bravi a mantenere in discreto stato le condizioni del Cardinale in questi ultimi anni e fino alla fine. R: Le persone che gli sono state intorno lo hanno seguito certamente con competenza e con amore, l'evoluzione della malattia è stata tutto sommato lieve, basti pensare che il Cardinale ha potuto lavorare fino alla fine di giugno, seppure con molta fatica. Non è sempre così. Ho di lui solo ricordi sereni. Lo vedo ancora quando all'arrivo mi accoglieva felice e quando poi mi salutava, alla fine della visita, ancora più felice e sembrava che dicesse, ai suoi, intorno “bene ora mettiamoci a lavorare”. Mi mancherà molto.
Cellule staminali mesenchimali funzionano nel MSA
Rallentano la progressione della malattia
L'atrofia multisistemica (MSA) è un parkinsonismo ovvero una malattia neurodegenerativa che presenta molti sintomi simili a quelli della malattia di Parkinson, ma che colpisce il sistema nervoso centrale in maniera più ampia e più grave, ed ha una prognosi molto peggiore.
Ricercatori coreani hanno effettuato una sperimentazione randomizzata (assegnazione casuale della terapia), in doppio cieco (né i pazienti, né i ricercatori sapevano chi era trattato con che cosa) controllata con placebo (confronto con infusione di soluzione fisiologica che non conteneva alcuna sostanza attiva) in 33 pazienti affetti da MSA con predominanza dei sintomi dovuto alla compromissione del cervelletto, una parte del cervello responsabile per la coordinazione dei movimenti.
Sedici pazienti sono stati assegnati a terapia a base di cellule staminali mesenchimali autologhe prelevate dal midollo osseo del paziente stesso (MSC). Sono state poi coltivate in laboratorio e reinfuse tramite un catetere inserito nell’arteria femorale e fatto arrivare in alto fino all’arteria vertebrale, una importante arteria del collo, che porta il sangue fino alle arterie alla base del cervello. Gli altri 17 hanno ricevuto il placebo (soluzione fisiologica).
Il gruppo trattato con MSC ha presentato un significativo rallentamento della progressione della malattia misurato in base al punteggio totale e motorio sulla scala UMSARS, all’area interessata dalla malattia nelle neuroimmagini acquisite con PET e risonanza magnetica ed ai test cognitivi. In particolare, dopo 8 mesi l’aumento del punteggio UMSARS (dove un aumento è indice di peggioramento) era pari a meno della metà nei pazienti trattati con MSC ( media ± DS: +5.2 ± 1.5 rispetto a +10.9 ± 1.3 p=0.006).
Gli effetti collaterali sono stati due casi di eruzione cutanea transitoria in ciascun gruppo di trattamento e l’osservazione di piccole lesioni ischemiche (<1 cm) in 4 pazienti trattati con MSC ed in 6 pazienti trattati con il placebo. Le lesioni erano asintomatiche, tranne in un paziente appartenente al gruppo MSC, che presentato distonia (contratture muscolari prolungate ed involontarie) del braccio sinistro, con 3-4 episodi della durata di 1-2 minuti per due giorni; il problema si è risolto spontaneamente. Tali eventi sono stati interpretati come conseguenza della procedura di cateterizzazione arteriosa e non come effetti collaterali della terapia con MSC.
Le malattie neurodegenerative sono malattie da prioni?
Ipotesi pubblicata sulla rivista Science
Il Professor Prusiner, vincitore del premio Nobel per la Medicina nel 1997 per la scoperta dei prioni, in un articolo pubblicato sulla rivista Science, ha avanzato l'ipotesi che i prioni potrebbero essere responsabili non solo della malattia "della mucca pazza", ma anche di malattie neurodenerative molto comuni, come la malattia di Alzheimer e di Parkinson. I prioni sono agenti infettivi costituiti da proteine mal-ripiegate che, una volta entrati nell'organismo, inducono altre proteine a malripiegarsi. Basa la sua ipotesi sul fatto che nelle malattie neurodegenerative compaiono accumuli di proteine anormali. Per esempio, nella malattia di Parkinson compaiono i corpi di Lewy, costituiti da accumuli di una proteina malripiegata, la alfa-sinucleina. Se questa ipotesi viene accreditata, potrà ispirare un approccio innovativo per la messa a punto di una terapia curativa per la malattia di Parkinson ed altre malattie neurodegenerative Prusiner SB Science; 335: 1511-1513