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Marisa Boati, vice presidente e cofondatrice della Associazione Italiana Parkinsoniani nonché coordinatrice della sezione AIP di Monza, è mancata all'affetto di tutti mercoledì 23/9/2021. Affabile, sorridente, concreta e costruttiva, ha per decenni instancabilmente aiutato tutti coloro che ne avevano bisogno. Ci uniamo con un forte abbraccio alla famiglia ed esprimiamo le nostre più profonde condoglianze. Marisa continuerà a vivere in tutti coloro che l'hanno conosciuta ed amata.
Oltre la pandemia, la bicicletta!
Sono stati due anni difficili, la pandemia non ha certo aiutato le persone fragili e soprattutto quelle che per stare bene devono fare attività fisica giornaliera. Se poi l’attività è legata alla bicicletta, il problema diventa ancora più serio. In questi due anni di “reclusione” ho continuato a sognare. Vi racconto la mia esperienza. Sono Simone Masotti, architetto quarantaquattrenne malato di Parkinson dal 2005, conosciuto su queste pagine per il suo viaggio nelle isole del Quarnaro (o Quarnero) in Croazia. Realizzare un sogno è una cosa fantastica. Fare un viaggio in bici fra le isole del Quarnaro e trovarsi in perfetta sintonia con i tuoi compagni di viaggio, magari con la necessità di doverlo interrompere per farsi cambiare lo stimolatore celebrale (che per qualche strano motivo si è bloccato proprio durante quel viaggio) e poi ritornare nello stesso punto dove lo si era interrotto per portarlo a termine, diventa davvero qualcosa che ti rimane dentro, che ti segna. Una volta che hai provato a viaggiare con la bicicletta diventa una dipendenza. Sono nati subito altri progetti, ma ahimè è arrivato il Covid19 che pian piano, oltre a far saltare qualsiasi piano, ci ha rinchiuso in casa. Quando la passione per la bicicletta ti viene limitata tanto da rinchiuderti in 90 mq per mesi, abituato ad andare in bici 3-4 volte a settimana per passione ma anche per riuscire a stare a stare bene, diventa tutto più difficile. Per le persone malate di Parkinson è assodato che il movimento, ma in particolar modo la bicicletta, è una terapia. Trovarsi chiusi in casa, fare allenamento sui rulli per una o due ore, un collegamento in video chiamata con i tuoi amici per rompere la noia, oppure mettere un video che ti immerge nell’antica foresta nera, non è come uscire di casa, chiudere il cancello e dire “ora dove si va?”. Mentre pensi dove andare senti il vento freddo o caldo sulla faccia che ti fa sentire vivo. Dopo aver fatto un’ora di rulli ti annoi, allora inizi a fare le scale una decina di volte e poi a girare con la bicicletta, ma 50 mq di giardino, come nel mio caso, non sono sufficienti. Mi rimangono i 200 metri all’esterno di casa e allora inizio a fare le vasche, così le ha chiamate mio figlio: “Papà quante vasche hai fatto oggi!” In questa situazione rimane molto tempo per pensare ed ecco che nascono nuovi progetti. Visto che muoversi in bicicletta fa bene ai malati di Parkinson, ho iniziato a pensare di organizzare delle uscite assieme a persone con la mia stessa malattia, cose semplici; magari queste persone non prendono in mano la bici solo perché sono sole o hanno paura. Questo vale anche per caregiver e l’intera popolazione. Un gruppo eterogeneo permette infatti di incrementare le occasioni di socializzazione e di supporto reciproco. L’idea che mi è venuta è quella di ritrovarsi una decina di volte nel corso dell’anno, su circuiti dislocati in diversi luoghi della regione e scelti oculatamente in base ad alcuni criteri. Nasce così il progetto “Moviti e Pedale”. Il caso poi vuole che la società sportiva del mio paese cambi furgone e che in estate lo stesso furgone rimanga inutilizzato; ecco allora ci siamo chiesti: perché non prendere un carrello che trasporti le bici e andare a fare qualche uscita fuori dal proprio comune? Così nasce l’idea BikePozzo.
Come potete leggere in queste righe, non mi sono annoiato e se volete tutta la verità ho fatto anche qualche fuga per i “trois” del Malina aprendo qualche sentiero per riuscire a passare io e la mia bici fra i rovi. La voglia però di ritornare in sella per un altro viaggio è grande e proprio dal 23 maggio al 29 siamo partiti da casa ripercorrendo i sentieri che ho aperto in questi mesi.
Luigi Alivieri, noto fumettista, ha voluto regalarmi l’idea per realizzare la bellissima maglietta che ci accompagnato nel nostro viaggio. Luigi ha creato due disegni toccando il problema del Parkinson in maniera velata e leggera. Luigi è un appassionato di fumetti, disegno e bici, a cui si è aggiunta successivamente quella per i viaggi. Il risultato è stato inevitabile: cicloviaggiatore_comics (lo trovate su Instagram). I suoi fumetti prendono spesso spunto dalle sue "avventure" solitarie in sella sulle strade europee prima di subire il fascino della Russia e delle ex repubbliche sovietiche. In queste due vignette che celebrano il nostro nuovo viaggio ci dice: in sella la vita è più colorata!
Questa volta non ci siamo fermati all’interno del confine comunale ma mi hanno portato sino al mare a vedere Venezia, Pellestrina, Chioggia, la foce del Po, a risalire lungo la ciclovia del Vento. Con me c’era Sergio Borroni, noto cicloturista milanese, che ha girato più di 80 paesi e che mi ha accompagnato nel viaggio nelle isole del Quarnaro, Gianni amico di Sergio, e un mio carissimo amico, Paolo Nadin. Siamo passati per Rovigo, Padova, Riviera del Brenta, Treviso, Colli Euganei, Diga del Vajont, per poi rientrare a casa. In 7 giorni abbiamo percorso di 684 km con 2785 m di dislivello, ma questi dati non sono la cosa importante, sono le emozioni che ho vissuto che rimarranno impresse nella mia memoria per sempre. “Dal mare ai monti”, così ho voluto chiamare questo viaggio. Le emozioni che ho provato non si riescono a descrivere, bisogna solo provarle. Per me è stato come un film, una cartolina continua, dal giorno della partenza dove un gruppo numero di amici ciclisti ci ha accompagnato per il primo tratto della prima tappa, al giorno dopo dove abbiamo passato 4 ore sotto la pioggia battente. In quei momenti che ti senti vivo, gli occhiali si appannano, non puoi fermarti perché senti subito freddo ma senti anche che il tuo corpo che reagisce e questo ti fa sentire vivo. Passando poi per l’isola di Pellestrina dove sembra che il tempo si sia fermato e le persone sedute fuori casa che ti guardano passare come fossi un marziano, per non parlare del silenzio surreale che si sente quando si arriva sulla diga del Vajont, quasi che la terra in quel posto avesse inghiottito tutto anche i suoni. L’ultimo giorno a 40 km da casa fai una curva e vedi una bandiera blu con il segno del Friuli e vedi e senti un gruppo di amici di che ti urlano “vai Simone” e ti accompagneranno sino a casa; beh queste sono solo alcune delle emozioni che mi porterò nel cuore per tutta la mia vita. Lo scopo del viaggio è di trasmettere il bello dell’andare in bicicletta e portare un attimo di felicità e spensieratezza a tutte quelle persone che non in grado o non hanno la possibilità di farlo, ma se hai la possibilità di sognarlo puoi anche farlo. Quali sono i progetti o obbiettivi per il futuro? Ci piacerebbe partecipare al Ragbrai, nel luglio del 2022, una delle più antiche manifestazioni cicloturistiche in USA che si corre per circa 450 miglia attraverso lo Stato dello Iowa. Abbiamo preso i primi contatti con Davis Phinney, ex ciclista professionista vincitore negli anni ’80 di due tappe al Tour de France che si è ammalato di Parkinson e che ha creato una sua Fondazione. Gli spostamenti aerei sono lunghi e complicati. Non sarà per nulla facile, tuttavia la vita mi ha insegnato di credere nei propri sogni e sono convinto che, in un modo o nell’altro, in America ci andrò a pedalare.
Viaggiare in bicicletta con il Parkinson attraverso le isole del Quarnero (Croazia)
La malattia non finisce con la diagnosi!
Mi chiamo Simone, ho 44 anni e faccio l’architetto. Ciò che state per leggere è una breve storia che ho voluto raccontare perché ho capito che la mia felicità cresce proporzionalmente al mio accettare la cosa, ed è inversamente proporzionale alle mie aspettative. È questa la chiave di tutto. Se riesco ad accettare il fatto che la mia malattia c’è e se riesco a non pensare a cosa aspettarmi, ma a quello che posso fare, ecco che riesco a conquistarmi la liberta di fare molte cose. Vi racconto una di queste storie.
Ho sempre avuto una passione per la bici, tanto da sfinire mio papà ad aggiustarmi le biciclette. Così, è da quando ho 3 anni che vado in bici e il mio sogno era sempre stato quello di fare un viaggio in bicicletta: sì, io e la mia bici, sarebbe stata lei la mia compagna di viaggio! Purtroppo 13 anni fa mi sono ammalato di Parkinson. La maggior parte delle persone pensano PARKINSON=TREMORE, ma quella è solo punta dell’iceberg; in me la malattia si è manifestata con una rigidità nei movimenti, difficoltà di deambulazione, cambiamento del tono della voce e della parola. Dopo la brutta notizia non ho mai abbandonato la bici anzi da quando ho saputo del problema ho aumentato l’attività fisica. Grazie ai medicinali, all'alimentazione e allo sport sono sempre riuscito ad essere autosufficiente sino a 4 anni fa, quando i farmaci non facevano più effetto, e così mi sono sottoposto alla DBS (Deep Brain Stimulation), stimolazione celebrare profonda. Il primo periodo non è stato semplice ma poi piano piano sono riuscito a rimettere il sedere sul sellino. Il sogno del viaggio mi assillava sempre di più, così inizio cosi a guardare video in rete e vedo nelle mie ricerche i video di Sergio Borroni, noto cicloturista che ha girato più di 80 paesi in bici, li guardo e li riguardo e mi fanno sorridere. Una sera decido di scrivergli. La sua prima risposta fu: se continui a darmi del lei ti cancello subito dai miei contatti. Accordati sui pronomi da utilizzare iniziamo una conversazione fin tanto che Sergio mi fa la fatica domanda: tu sei in cerca di informazioni su viaggi o compagni di avventura? Mi caricai di coraggio e gli dissi: la seconda!
Nel proseguo delle nostre chat, Sergio mi racconta che un suo amico tre anni fa si è ammalato di Alzheimer e che anche per lui sarebbe stato un sogno fare un viaggio. Scatta subito la proposta: perché non organizziamo un viaggio tutti assieme?
Deciso ciò, per tranquillizzare i nostri famigliari a casa scegliamo come meta la Croazia, dove ci sono molte strade bianche e facilità di rientro in caso di problemi. Questo accadde nel mese di febbraio. I mesi seguenti passarono velocemente fra retifiche di percorso, organizzazione di come muoversi, bagagli ecc.
Finalmente a giugno arriva il giorno fatidico! Si parte in macchina direzione isola di Krk e si arriva a sera inoltrata. Scarichiamo le biciclette e ci riposiamo, carichi per il mattino seguente. Il primo giorno attraversiamo tutta l’isola di krk da Omisalij a Baska, 70 km con 1000 mt di dislivello e le gambe sono subito messe alla prova. Il secondo giorno dobbiamo risalire per 300 mt la discesa che ci aveva condotto a Baska, per andare a prendere il traghetto a Valbiska che ci porterà sull’isola di Rab.
Attraversata anche l’isola di Rab, troviamo una barchetta che trasporta solamente 5 bici, noi 4 e un altro ragazzo croato, e qui succede un fatto davvero incredibile! Vedendo le magliette che portavamo ci chiede della nostra storia e gli raccontiamo il viaggio che stavamo facendo. Anche lui stava facendo un giro simile al nostro. Stupito dalla tenacia che stavamo dimostrando ha staccato dalla sua sella una luce dall’imbarazzante forma di testicoli di toro e l’ha regalata a me dicendo in un discreto italiano: “Tieni, questa è per te, perché hai le palle più grosse di tutti noi”!
Sfortuna vuole che durante il viaggio si blocchi lo stimolatore che porto addosso, di conseguenza veloce rientro alla base ma con l’intenzione di ritornare appena sistemato il problema. Sostituito lo stimolatore a inizio settembre e dopo un po' di rodaggio abbiamo ripreso il viaggio da dove l’avevamo lasciato, non privo di avventura. Siamo partiti da Rijeka per Novaljia, isola di Pag, in una giornata piovosa. Per fortuna dovevamo targhettare quella mattina stessa. Arrivati a Novaljia siamo andati a finire la partita di calcetto che avevamo sospeso proprio quando lo stimolatore si è fermato. Finita la partita, si riparte alla volta di Zara dove erano previsti 80 km con 780 mt di dislivello, ma la fatica si fa sentire e purtroppo arriviamo a Zara solamente il giorno seguente. Arrivati a Zara veniamo informati che non ci sono traghetti per l’isola di Cherso per i prossimi tre giorni. Dobbiamo cambiare programma e pensare ad un piano B: riusciamo a trovare un traghetto che ci riporta sull’Isola di Krk e decidiamo di risalire l’isola lungo la costa ovest. Arriviamo a Valbiska (Krk) a notte fonda e riusciamo a trovate ricovero in un appartamento abbarbicato su una collina.
I due giorni seguenti trascorrono senza problematiche, ormai siamo vicini alla meta ma non abbiamo fatto i conti con la Bora triestina, che proprio l’ultimo giorno si fa sentire. Arriviamo sul ponte che collega l’isola di Krk alla terra ferma e veniamo investiti da raffiche di vento a 90 km/h. Dobbiamo percorrere il ponte lungo 1.4km a piedi reggendoci saldamente al parapetto, con la bici che ballonzolava a destra e sinistra e il fiato che veniva tolto dalle raffiche di vento.
Arriviamo alla nostra macchina, il viaggio è finito!
Alla fine abbiamo percorso 400 km e 7000 mt di dislivello, un viaggio fatto più con il cuore che con le gambe, assieme a grandi amici.
Qualcuno si chiederà: ci sono progetti per il futuro? Certo che ci sono! Vorrei partecipare alla RAGBRAI, la corsa in bicicletta più antica d’America, ma gli spostamenti aerei sono lunghi e complicati. Non sarà per nulla facile. Tuttavia la vita mi ha insegnato di credere nei propri sogni e sono convinto che, in un modo o nell’altro, in America ci andrò a pedalare.
Come diceva Albert Einstein: “Bisogna avanzare per rimanere in equilibrio”. La malattia blocca il corpo ma il movimento, essendo la sua antitesi, è la più grande risorsa che una persona ha per sconfiggerla.
Vi saluto e concludo lasciandovi una breve video intervista.