Nilotinib: risultati controversi
Continuazione dello sviluppo in dubbio
Nilotinib è un farmaco già commercializzato come farmaco contro la leucemia, che attualmente è in sviluppo clinico come farmaco anti-parkinson (vedere notizia ottobre 2018 sul sito).
Sono stati pubblicati i risultati del primo studio di fase 2. Lo studio è stato effettuato confrontando due dosi di nilotinib (150 e 300 mg) al placebo in 75 pazienti con diagnosi di malattia di Parkinson secondo i criteri UK Brain Bank e sintomatologia moderata controllata da dosi ottimali di levodopa e/o dopamino agonisti e altri farmaci anti-Parkinson (55 uomini, età media 68,4 anni). Nilotinib è stato somministrato una volta al giorno per via orale per 12 mesi.
Il primo aspetto controverso è la sicurezza. Tra i 75 pazienti reclutati vi è stata una differenza significativa nel tasso di pazienti che hanno presentato eventi avversi seri nei tre gruppi (48% nel gruppo 300 mg, 24% nel gruppo 150 mg, 16% nel gruppo placebo). Tuttavia, secondo gli sperimentatori, questo non dimostra che nilotinib non è sicuro, perchè erano eventi dovuti alla malattia di Parkinson, non al farmaco, quali cadute, fratture, infezioni urinarie, polmonite ed ipotensione ortostatica.
Il secondo aspetto controverso riguarda i risultati relativi agli effetti farmacologici di nilotinib. I livelli di diversi metaboliti della dopamina erano più elevati nel fluido cefalorachidiano (il fluido circolante nel sistema nervoso centrale) nei pazienti trattati con nilotinib rispetto al placebo – risultati che suggeriscono che il farmaco può indurre un aumento della dopamina nel cervello. Tuttavia, altri fanno notare che la dose media di levodopa (che viene trasformata in dopamina nel cervello) assunta era maggiore nei gruppi trattati con nilotinib rispetto al gruppo placebo; inoltre, la puntura lombare è stata effettuata ad intervalli variabili dall’ultima somministrazione di levodopa e questo può avere alterato i risultati.
Nel gruppo trattato con 150 mg nilotinib (ma non nel gruppo trattato con 300 mg) è stata rilevata una riduzione degli oligomeri della proteina alfa-sinucleina, quelli che causano gli accumuli anormali nelle cellule nervose malate di Parkinson detti corpi di Lewy. In entrambi i gruppi trattati con nilotinib è stata riscontrata una riduzione dei livelli della proteina tau iperfosforilata, un’altra proteina possibilmente coinvolta nel processo neurodegenerativo.
Non sono stati riscontrati miglioramenti per quanto riguarda la sintomatologia motoria e non motoria. Da un lato vi è l’argomentazione che il gruppo trattato era troppo piccolo per mettere in evidenza eventuali effetti clinici, dall’altro, però, i critici fanno notare che nel gruppo trattato con 300 mg nilotinib vi è stato un peggioramento del punteggio medio relativo alla capacità di svolgere le attività quotidiane sulla scala MDS-UPDRS, nonché del test TUG (tempo richiesto per alzarsi e camminare) e della valutazione delle funzioni cognitive sulla scale Montreal.
Non favorisce una interpretazione positiva di questi dati il comunicato stampa di un altro gruppo di ricerca, l’Università Northwestern negli Stati Uniti, riguardante lo studio NILO-PD appena completato in cui le medesime dosi di nilotinib sono state confrontate con placebo per 6 mesi. Secondo gli sperimentatori di NILO-PD nilotinib è sicuro, ma non offre benefici per i pazienti affetti da malattia di Parkinson – un messaggio che hanno ritenuto di dover comunicare rapidamente, prima della pubblicazione dei risultati. Ulteriori dettagli non sono disponibili.
Fonte: Pagan FL e coll JAMA Neurol online 16 dicembre 2019