La corretta alimentazione
Nella malattia di Parkinson, l'importanza della dieta, non intesa come sacrificio o privazione ma come un regime alimentare atto a mantenere un soddisfacente stato di salute, è ormai nota a tutti. In presenza di malattie croniche un programma dietetico diventa condizione fondamentale per il benessere dell’individuo. Queste pagine vogliono aiutare i pazienti affetti dalla malattia di Parkinson, e i loro familiari, a capire quanto e come una corretta alimentazione influisca positivamente sull’efficacia della terapia farmacologica e sullo stato di salute generale. È, infatti, scientificamente dimostrato e sperimentato dagli stessi pazienti che una dieta ipoproteica a pranzo migliora l’efficacia della terapia farmacologica a base di levodopa e che un’alimentazione equilibrata diminuisce il rischio di malattie metaboliche (colesterolo elevato, diabete, gotta), di malattie cardiovascolari e di malattie a carico del sistema osteo-articolare.
Una dieta speciale per i malati di Parkinson
La necessità di una dieta particolare, per i pazienti malati di Parkinson in terapia con levodopa, è emersa dalla consapevolezza che i pasti possono interferire con l’efficacia della terapia farmacologica. La levodopa è un amminoacido neutro, che per essere assorbito, cioè passare dall’intestino al sangue e da questo al cervello, utilizza un trasporto attivo con consumo d’energia. È facile, quindi, comprendere come tutto quello che può rallentare l’assorbimento intestinale può portare ad una riduzione della quantità di farmaco disponibile per il trasporto a livello cerebrale, riducendo di conseguenza l’effetto della terapia farmacologica.
Farmacocinetica della levodopa
Lo stomaco non è la sede dell’assorbimento della levodopa rivestendo, in questo caso, la sola funzione di transito verso l’intestino tenue dove avviene l’assorbimento. Tuttavia il tempo di permanenza nello stomaco ha importanza in quanto la levodopa viene degradata dagli enzimi gastrici, più a lungo rimarrà nello stomaco e più verrà degradata, perdendo così la sua efficacia.Ci sono diversi fattori dietetici che influenzano la velocità di svuotamento dello stomaco. I grassi mostrano il tempo di digestione più lungo, seguiti da proteine e carboidrati. Anche le fibre rallentano lo svuotamento gastrico. Effetto ritardante esercitano anche un eccesso di acidità gastrica e alcuni farmaci, ad esempio gli anticolinergici. Studi eseguiti su alcuni pazienti che manifestano un eccesso di acidità gastrica hanno dimostrato che l’uso di antiacidi, diminuendo l’acidità gastrica, migliora l’assorbimento di levodopa. D’altra parte l’uso di “digestivi” acidi nel paziente con rallentato svuotamento gastrico, favorirebbe parimenti l’assorbimento del farmaco. Quindi né il difetto né l’eccesso di acido nello stomaco favoriscono le condizioni di assorbimento ottimale del farmaco. Inoltre anche la stipsi può influire sfavorevolmente sulla quantità di farmaco assorbito.
Alcune ricerche hanno confrontato l’assorbimento di levodopa dopo una singola somministrazione a stomaco vuoto, rispetto a quella assorbita durante il pasto. È stato chiaramente dimostrato che in alcuni casi, l’assunzione del farmaco durante il pasto ne ha significativamente ritardato l’efficacia. Una volta passata dallo stomaco all’intestino tenue la levodopa è assorbita nel sangue. La levodopa è un amminoacido neutro che per essere assorbito necessita di trasporto attivo, sia per quanto riguarda il passaggio dall’intestino al comparto ematico, sia per quanto riguarda quello ematoencefalico. Esistono infatti sistemi di trasporto diversi per i diversi tipi di amminoacidi basici, acidi, neutri e aromatici; questi sistemi di trasporto sono attivi, cioè utilizzano energia e sono specifici per classi di amminoacidi, di conseguenza tutti gli amminoacidi aromatici, provenienti dalle proteine ingerite con il pasto utilizzano lo stesso sistema di trasporto della levodopa e si pongono in competizione con essa. Questi amminoacidi sono: isoleucina, leucina, valina, fenilalanina, triptofano e tirosina.
Pasti ricchi di proteine, e in particolar modo di questi amminoacidi, possono quindi interferire nell’attività farmacologica della levodopa rendendo indisponibili i carriers necessari al trasporto. Un gruppo di pazienti è stato sottoposto ad una terapia infusionale di levodopa in modo da ottenere un livello ematico costante di farmaco e di conseguenza un passaggio stabile all’interno dell’encefalo. In questo modo si è ottenuta una risposta motoria più stabile con notevole riduzione delle fluttuazioni. Successivamente ai pazienti è stata somministrata una soluzione contenente uno degli amminoacidi sopra elencati, che quindi entra in competizione con la levodopa per il sistema di trasporto specifico. Nonostante si sia mantenuta la somministrazione di levodopa per via venosa, i pazienti si sono bloccati, oppure la loro mobilità si è gravemente ridotta. Ciò dimostra chiaramente che questi amminoacidi entrano in competizione con la levodopa e possono impedirle di raggiungere le cellule cerebrali. Lo stesso risultato è stato ottenuto con un pasto ricco di proteine. Tutto ciò dimostra che una dieta a limitato uso di proteine può migliorare l’efficacia della levodopa.
Consigli per l'assunzione corretta della levodopa
Per un assorbimento ottimale, la levodopa (Madopar e Sinemet) dovrebbe essere assunta tra i 15 ed i 30 minuti prima dei pasti.
Vi sono condizioni però in cui è meglio astenersi da questa regola al fine di ridurre alcuni fastidiosi effetti legati all’assunzione a digiuno:
1) qualora la levodopa provochi nausea conviene consigliarne l’assunzione con una piccola merenda a basso contenuto proteico o, se necessario, durante il pasto; se ciò non bastasse si può utilizzare domperidone (Peridon o Motilium), un procinetico ad azione periferica che controlla la nausea e favorisce l’assorbimento della levodopa.
2) il secondo caso si presenta quando in concomitanza con l’assunzione del farmaco si manifestano discinesie disturbanti. Per controllare questo fenomeno si può far assumere il farmaco ai pasti, ottenendo in questo modo una riduzione del picco ematico (qualora le discinesie siano da picco dose). In alcuni casi i semplici consigli dietetici non sono sufficienti, bisogna allora ricorrere a diete personalizzate, grammate per singolo paziente che tengano conto delle abitudini alimentari e dei gusti del paziente ma che nello stesso tempo permettano un controllo dell’assunzione proteica giornaliera. Quando questo non fosse sufficiente si possono utilizzare alimenti “speciali”. Esistono in commercio alimenti aproteici che possono semplificare al paziente il compito della preparazione del pasto. I prodotti aproteici permettono il mantenimento delle proprie abitudini alimentari, sono infatti disponibili una vasta gamma d’alimenti e nello stesso tempo migliorano l’efficacia della terapia farmacologica grazie al basso contenuto di proteine vegetali.
Il sovrappeso nei malati di Parkinson
L’obesità è ormai riconosciuta come una grave malattia destinata ad avere un impatto non trascurabile sullo stato di salute del nostro Paese. Anche in Italia, come evidenziano i dati più recenti, i tassi di incidenza di questa malattia sono in rapida crescita: secondo le ultime stime ISTAT, oggi, in Italia, le persone adulte obese sono oltre 4 milioni, con un incremento di circa il 25% rispetto al 1994. Un adulto su tre, risulta in sovrappeso, pari al 33,4%, il 9,1% è obeso, il 53,8% è normopeso ed il restante 3,6 è sottopeso. Questi dati non lasciano indifferenti gli specialisti e gli studiosi nutrizionisti. Per questo motivo abbiamo valutato lo stato nutrizionale dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Nella malattia di Parkinson vi sono diversi fattori che interferiscono con lo stato nutrizionale del paziente. In letteratura vi sono numerosi lavori che considerano il calo ponderale come il maggior problema che il paziente affetto da Parkinson deve affrontare dal punto di vista nutrizionale. La malnutrizione è diagnosticata con un BMI inferiore a 18,5. Per BMI, si intende, l’indice di massa corporea, calcolato dividendo il peso (Kg) per il quadrato dell’altezza espessa in metri (mq), si considera normale, per entrambi i sessi, un indice di massa corporea compreso tra 18,5 e 24,9, la diagnosi di sovrappeso viene effettuata per valori tra 25 e 29,9 e di obesità per valori maggiori di 30. Il mantenimento di un adeguato peso corporeo è un importante fattore di sopravvivenza per l’individuo e la specie. Affinchè il peso corporeo rimanga stabile per lunghi periodi è necessario che vi sia un equilibrio tra l’energia consumata e le calorie introdotte, non solo in termini energetici, ma anche qualitativi, in modo che la miscela dei substrati ossidati corrisponda quantitativamente e qualitativamente ai substrati ingeriti. Da queste premesse risulta evidente che uno squilibrio tra l’introduzione ed il consumo di energia porta a variazioni del contenuto di adipe. La difficoltà a deglutire e a masticare, un livello socio economico basso, la depressione, e soprattutto, le gravi discinesie sono la principale causa del calo ponderale, ma esiste anche il problema inverso, una malnutrizione in eccesso che porta dal sovrappeso fino all’obesità. Analizzando i dati antropometrici di 364 pazienti affetti da malattia di Parkinson, con età media 66 ± 9 anni, 180 femmine e 184 maschi, è emerso che il 62% dei pazienti che afferiscono al nostro servizio è in sovrappeso (BMI > 25) e che il 26% di questi sono obesi (BMI > 30). Analizzando i dati ISTAT 1999/2000, e paragonando persone della stessa età, emerge, che il sovrappeso è simile nelle due popolazioni a confronto, ma la percentuale di obesità nei malati di Parkinson è maggiore del 50% rispetto alla popolazione italiana di riferimento e solo il 3% dei pazienti è sottopeso (BMI < 18,5). Esiste una correlazione tra anni di malattia e perdita di peso, nei primi 10 anni di malattia il sovrappeso è il problema maggiore dal punto di vista nutrizionale. I pazienti sottoposti a regime dietetico ipercalorico (quindi sottopeso) hanno un’età media di malattia di 14 anni, rispetto all’età media di 10 anni dei pazienti a regime ipocalorico. Non esistono apparenti differenze di BMI tra i due sessi, tra i fumatori e i non fumatori, tra i pazienti in terapia con levodopa e quelli con il solo dopaminoagonista. L’attività fisica regolare è maggiore del 50% nei pazienti normopeso, rispetto a quelli sovrappeso. Possiamo ipotizzare che la diminuita attività motoria caratteristica della malattia, senza adeguamento delle abitudini alimentari crei un bilancio energetico positivo che si manifesta con un’inevitabile aumento del peso. Risulta fondamentale che pazienti affetti da malattie croniche neurodegenerative abbiano un peso normale per la propria altezza. Essere in sottopeso o in sovrappeso mette a rischio la sopravvivenza del paziente stesso e favorisce inevitabilmente la comparsa di altre malattie metaboliche che possono compromettere negativamente l’andamento della malattia di Parkinson. Eseguire regolarmente gli esami ematochimici e avere una valutazione medica specialistica dietologica può migliorare lo stato di salute del paziente e facilitare il neurologo nel trattamento sintomatico della malattia neurologica.
La dieta bilanciata
L’alimentazione bilanciata deve essere variata. La prima, importantissima regola della corretta alimentazione è quella della varietà dei cibi e delle ricette per la preparazione dei pasti. Solo in questo modo, infatti, possiamo soddisfare il fabbisogno del nostro organismo in tutti i nutrienti. Non esiste in assoluto un cibo che “fa male” o uno che “fa bene”, bisogna quindi assaggiare sempre gli alimenti nuovi, e variare i modi di cottura e di preparazione dei piatti.
È importante fare pasti regolari. L'energia (intesa come calorie) assunta nella giornata, dovrebbe essere così suddivisa.
L’alimentazione bilanciata o equilibrata prevede l’assunzione di tre pasti principali: colazione, pranzo e cena. La prima colazione è un pasto molto importante per una corretta distribuzione delle calorie durante la giornata, ma, purtroppo spesso viene sottovalutata o consumata in modo non corretto. Una colazione all’italiana prevede sempre una parte proteica derivante da latte o latticini (yogurt) e una parte di carboidrati complessi provenienti dai cereali, quindi fette biscottate, pane, biscotti secchi oppure cereali da prima colazione tipo muesli o corn-flakes. È possibile aggiungere anche una piccola parte di zuccheri semplici (zucchero, miele, marmellata) per rendere più gradevole questo pasto. Anche nell’ambito della colazione bisogna variare gli alimenti, alternare i tipi di pane, biscotti e cereali e il latte con lo yogurt. Il pranzo e la cena sono due pasti principali. Possono essere composti da due piatti (pasto completo), oppure possono contenere un piatto solo (per esempio solo il primo piatto a pranzo e solo il secondo con il pane, la sera). In casi particolari, come in viaggio si può sostituire un pasto con un panino imbottito. Il primo piatto (pasta o riso) può essere preparato in brodo oppure come piatto asciutto. Per condire i primi si consiglia di privilegiare sughi semplici a base di verdure. Per la preparazione del brodo è meglio utilizzare brodo vegetale o di carne, preferibilmente sgrassato, preparato in casa, piuttosto di far ricorso ai dadi o granulati pronti in commercio. Si possono sostituire le due portate con un piatto unico, contenente sia il primo (pasta o riso) che il secondo piatto (carne o pesce o legumi) in un’unica ricetta. Esempi di piatto unico sono pasta al ragù di carne, riso e piselli, pasta e fagioli, riso alla pescatora e anche la pizza è da considerare un piatto unico. Il secondo piatto può essere consumato una o due volte al giorno. I secondi piatti sono le carni, i pesci, le uova, il formaggio ed i legumi ed è molto importante variare giornalmente i tipi dei secondi. Il contorno di verdure, fresche o cotte, dovrebbe essere presente sia a pranzo che a cena. È possibile aggiungere anche uno-due spuntini a base di frutta fresca a metà mattina e metà pomeriggio come merenda. È sempre meglio consumare il frutto intero rispetto al succo di frutta. Va bene anche preparare una spremuta di arancia o pompelmo, che però va bevuta subito dopo la preparazione, perché la vitamina C di cui sono ricchi gli agrumi, si degrada facilmente.
Le bevande
Nell’arco della giornata si consiglia di bere almeno 1,5 litri d’acqua. Questa quantità va aumentata in caso di sudorazione profusa e nei periodi caldi dell’anno. Si può bere l’acqua sia a pasto che fuori pasto. Una buona occasione per imparare a bere molto è di assumere un bicchiere d’acqua ogni volta che si assumono i farmaci, oltre che durante i pasti. L’acqua non contiene calorie e quindi non ingrassa, né quella naturale né l’acqua gassata. È consigliabile non eccedere nel consumo delle bevande zuccherine (aranciata, cola, the freddo in bottiglia) per il loro elevato contenuto in zucchero. Si può invece preparare un infuso di the con qualche fetta di limone, oppure una camomilla dolcificata con poco zucchero, da bere calda d’inverno o fresca d’estate.
Il vino e le bevande alcoliche
La malattia di Parkinson e i farmaci utilizzati nella sua terapia non escludono in modo categorico l’assunzione di piccoli quantitativi di bevande alcoliche. A chi desidera consumare il vino ai pasti, si consiglia di privilegiare il vino rosso e di non superare la quantità di 1-2 bicchieri al giorno. Per le persone che non ne fanno abitualmente uso, non è comunque consigliabile l’introduzione del consumo di bevande alcoliche. È opportuno ridurre o eliminare dalla dieta i superalcolici.
Caffé e thé
Si consiglia di non superare la quantità di 2 tazze di caffè al giorno. È importante tenere conto dello zucchero utilizzato per dolcificare le bevande, e ridurlo al minimo.
La composizione della dieta bilanciata
La composizione ideale della dieta bilanciata dovrebbe essere la seguente: la maggior parte dell’energia (55-58%) dovrebbe provenire dai carboidrati (cereali e loro derivati, patate), una quota del 25-30% dai grassi e il 12-15 % dalle proteine.
Le informazioni qui riportate sono tratte da alcune pagine della Guida alla malattia di Parkinson, un vero e proprio vademecum per tutti gli ammalati di Parkinson e per i loro familiari.
La Guida Rossa è disponibile ai soci AIP. Per maggiori informazioni, consultare il sito www.parkinson.it