Quando sottoporsi alla DBS?
Atti del 37° Convegno Nazionale AIP – Milano, 6 giugno 2015
Prof. Pezzoli: La terapia chirurgica DBS (“Deep Brain Stimulation” = Stimolazione Cerebrale Profonda) è oramai una terapia antiParkinson consolidata che finora è stata proposta ai malati in fase avanzata della malattia con discinesie e blocchi motori importanti, non più controllabili dalla terapia farmacologica. Oggi vi sono gruppi importanti in Europa che la propongono a pazienti aventi solo 6-7 anni di malattia non appena compaiono le prime complicazioni ovvero discinesie e blocchi motori. Al Centro Parkinson ICP di Milano noi continuiamo a proporla solo a pazienti in fase avanzata perché l'intervento di DBS, per quanto sicuro, non è esente da rischi. Il primo rischio è che non sia efficace. Ci sono poi effetti collaterali, che non sono solo il sanguinamento e l'infezione, ma anche eventi legati al tragitto del catetere che collega il pacemaker agli elettrodi. È stato invitato il Prof. Paolo Rampini, neurochirurgo presso la Fondazione IRCCS Ca' Granda - Ospedale Maggiore Policlinico per sentire la sua opinione su quando effettuare l'intervento di DBS.
Lo studio EARLYSTIM
Prof Rampini: L'intervento di DBS viene effettuato presso il nostro istituto dal 2000, per cui abbiamo una ampia esperienza a riguardo. Noi neurochirurghi verifichiamo che non ci siano controindicazioni assolute all'intervento. Una volta accertato che non vi siano controindicazioni all'intervento, rivalutiamo sinteticamente le indicazioni per le quali il paziente è stato proposto per la D.B.S. da parte del nostro Collega neurologo. Esistono delle Linee Guida Internazionali da seguire che sempre sono rispettate dai Colleghi Neurologi con cui collaboriamo da anni.
Nel 2013 vi è stata una novità ovvero la pubblicazione dello studio EARLYSTIM sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. Si tratta di uno studio rigoroso e ben disegnato con l'obiettivo di valutare se la DBS offre benefici non solo nelle fasi avanzate della malattia di Parkinson, ma anche quando compaiono le prime complicazioni motorie. Sono stati reclutati 251 pazienti con una durata di malattia media 7,5 anni, dunque anticipato di 4-6 anni rispetto a quanto previsto attualmente, quando i pazienti hanno 11,5-13,5 anni di malattia. Sono stati assegnati in maniera casuale a DBS oppure terapia medica ottimale. Due anni dopo l'intervento il gruppo DBS presentava una qualità di vita misurata con la scala PDQ-39 significativamente migliore (mediamente del 27% migliore rispetto al gruppo assegnato alla terapia farmacologica ), nonchè meno disabilità motoria (+49%) rispetto ai pazienti che ricevevano la terapia medica. Dunque la DBS si è rivelata una terapia efficace anche nei pazienti in fasi meno avanzate della malattia
Eventi avversi gravi si sono verificati in 68 pazienti nel gruppo DBS ed in 56 pazienti assegnati alla terapia medica. Nel gruppo assegnato alla terapia medica gli eventi riguardavano spesso problemi con la mobilità ed effetti collaterali della terapia farmacologica (allucinazioni e problemi comportamentali), mentre nel gruppo DBS erano correlati all'impianto (17.7%) oppure consistevano nel problema psichiatrico della depressione. Gli autori concludono che si può anticipare in maniera sicura l'intervento chirurgico.
Non tutto quello che luccica è oro
Tuttavia, non tutti la pensano allo stesso modo. Nel 2015 è stata pubblicata una interessante recensione frutto di una collaborazione fra un'Università italiana ed una svizzera proprio sul problema dell'anticipazione della DBS, dal titolo: “Non tutto quello che luccica è oro”. Gli Autori dello studio si sono posti una serie di quesiti:
1) La DBS è la scelta migliore quando avviene prima di avere sperimentato tutte le possibili opzioni farmacologiche come avveniva in passato? La risposta è dubbia.
2) La DBS è in grado di modificare la progressione della malattia? La risposta è no.
3) La DBS è in grado di ripristinare la plasticità dei neuroni corticali? La risposta è forse.
4) La DBS ha un impatto diverso a seconda del fenotipo del paziente? La risposta è forse.
Gli Autori giungono ad una conclusione abbastanza triste. Secondo loro, se si comincia a trattare tutti i pazienti in maniera poco selettiva con la DBS, questo segnerà inevitabilmente la decadenza di questo tipo di terapia, perché è evidente che non funzionerà in tutti e quindi finirà per essere considerata una terapia poco efficace. Il Prof. Rampini condivide le loro preoccupazioni.
Prof. Pezzoli: per quanto riguarda lo studio EARLYSTIM su pazienti giovani (Età media 52 anni), bisogna ricordare che nel gruppo trattato con DBS la depressione ha indotto due pazienti a suicidarsi ed altri due a tentare di farlo. I ricercatori hanno dovuto implementare un monitoraggio particolare per evitare il fenomeno. Se 4 pazienti hanno tentato il suicidio / si sono suicidati, su 120 e questo fosse la norma, nella banca dati di più di 20.000 pazienti presso il Centro Parkinson ICP dovremmo avere centinaia di casi di suicidio/tentativi di suicidio e non li abbiamo. Al contrario, il tasso di suicidio nella banca dati è molto basso. Inoltre, è già ampiamente documentato che la DBS può causare una depressione apatica. Pertanto, riteniamo che la DBS sia giustificata solo dopo 10-15 anni di malattia, quando tutte le terapie farmacologiche abbiano fallito e la qualità di vita del paziente sia divenuta troppo bassa. Purtroppo, in seguito allo studio EARLYSTIM, diversi centri hanno cominciato ad effettuare la DBS precocemente. Un fenomeno simile è accaduto negli anni 90, dopo la pubblicazione di un lavoro sul brain-grafting, anche quello sulla rivista New England Journal of Medicine. A quel tempo furono sottoposti ad interventi controproducenti un migliaio di pazienti. La nostra opinione ed il nostro consiglio è di cercare di sfruttare completamente le potenzialità della terapia medica in tutte le sue forme, riservando la DBS (che rimane una terapia molto efficace se impiegata nel modo corretto) per quei casi in cui il trattamento farmacologico è diventato chiaramente inefficace e controproducente. Questo avviene di solito dopo 10-15 anni di malattia.